“Caro Babbo Natale,
quest’anno sono stata tanto buona, per questo vorrei…”
Quanti anni erano che non scrivevo questa frase? Dalle scuole elementari. Anche per questo riscriverla oggi mi ha strappato un sorriso. Ha significato ricordare tanti Natali e i desideri di una bambina: “vorrei la casa di Barbie, il tutù nuovo per danza e tanti regali per me e le mie amichette. Fammi diventare una ballerina brava, una scrittrice famosa…” Le mie lettere a Babbo Natale erano sempre lunghissime, la scoperta dei P.S., poi, le rese davvero infinite.
Con il passare degli anni però non solo scopri che quel signore panciuto e anzianotto non esiste e maestre e famiglia sono complici di quest’inganno, ma inizi a sentirti anche in colpa nell’avere i sogni. Forse si diventa adulti proprio quando pronunciamo il primo: “mi piacerebbe ma non posso, mi sarebbe piaciuto, ma ormai è tardi”. Ma siamo sicuri che diventare grandi debba per forza significare smettere di dire: “io vorrei” ? In fondo l’etimologia della parola desiderio indica “mancanza di stelle”. Sono i nostri sogni che colmano questa mancanza. Come osservare un cielo scuro e dipingerci le stelle con la nostra immaginazione e il nostro coraggio, senza se e senza ma.
Caro Babbo Natale, il mio desiderio è proprio questo: conserva in me, nelle persone che amo, la capacità di esprimere desideri. Non ti chiedo di esaudirli (poi se riesci anche in questo meglio ancora!), ma ti chiedo di mantenere intatta, anche in noi bambini ormai adulti, la capacità di sognare.
Selene Bisi
Tuttavia, se mi chiedessero di scrivere una letterina all’uomo in rosso, non lo farei. Innanzi tutto perché credo che sia inutile esplicitare i miei desideri reconditi: chiunque se li può immaginare facilmente. E poi, per questo Natale, sono a posto con i regali: il dono che più desideravo l’ho già ricevuto questo week-end. Perché, dopo un anno di attesa, ho visto realizzarsi il mio pensiero stupendo chiamato Bhavacakra.
Immaginate di vedere una copia migliorata di voi stessi, che agisce come voi e dà voce agli spettri della vostra vita, sia positivi che negativi; che cerca di superare le difficoltà che state affrontando, prendendo il poco di buono che c’è. Immaginate che egli incontri un individuo misterioso ed affascinante, che ha una vicenda umana simile alla vostra ed ha risolto i crucci che vi affliggono. E voi siete lì, a godere dello spettacolo come invisibili spettatori, ma capaci d’influire direttamente sulla storia che avete sott’occhio. Altro che 3D!
Essere un regista è questo: osservare un grandissimo carillon, con persone viventi al posto delle statuine e la strada o le case vere al posto del coperchio della scatola, che si muove, e cercare di guidare, di volta in volta, tutti gli elementi che lo compongono nell’ottica di un’armoniosa rappresentazione, tirando fuori il meglio da chi ha intorno. Perché fare un film (seppur un corto) è un lavoro di concerto: se un’interprete stecca, la sinfonia crolla su se stessa. Ma se hai due professionisti come Paolo Sassanelli e Beniamino Marcone nella tua orchestra, ed un maestro che ti affianca come Francesco Falaschi, fallire è un arduo compito.
Credo che San Nicola di Myra, l’uomo realmente esistito dietro la leggenda di Babbo Natale, anche se non ha la slitta con le renne e non scende dalle canne fumarie, abbia segretamente seguito il mio percorso verso questo agognato debutto, allontanando i perigli e le trappole sparse, e permesso di narrare, per mezzo delle immagini, un breve racconto di speranza, liberamente ispirato al mio Io (che, spesso, mea culpa, rasenta la megalomania). Auguro che possa sostenere anche voi nelle imprese che vi fanno continuare a sognare.
Lorenzo Santoni
Buon Natale a tutti i sognatori da Selene e Lorenzo
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