Una ricerca nata all’Università di Siena e proseguita con un’ampia collaborazione internazionale ha portato alla scoperta di una rarissima sindrome che causa insensibilità al dolore, e all’identificazione della mutazione del gene responsabile, chiamato ZFHX2.
Grazie a questa scoperta si aprono nuove prospettive per la lotta al dolore cronico, patologia diffusissima, che colpisce in forme diverse circa il 30% della popolazione in Europa.
Le cause delle diverse forme di insensibilità al dolore fisico, ereditarie e congenite, sono una delle principali aree di ricerca per creare nuove cure contro il dolore cronico.
Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale “Brain. A journal of Neurology”, della Oxford University Press, e vede tra gli autori la professoressa Anna Maria Aloisi, del dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e neuroscienze dell’Università di Siena, che da anni si occupa dello studio del dolore, promuovendo anche la Scuola internazionale per lo studio del dolore cronico. Altra autrice dell’Università di Siena, la professoressa Letizia Marsili.
“Questa linea di ricerca apre la strada alla prima terapia genica per la lotta al dolore cronico – spiega la Anna Maria Aloisi: quando sapremo con precisione come la mutazione genetica provoca l’insensibilità al dolore, e il ruolo degli altri geni coinvolti, potremo pensare di inibire l’espressione del gene ZFHX2 per creare delle nuove terapie, cosa che non è stata possibile con gli altri geni identificati fin ora”. Principale autore dell’articolo su “Brain” è James Cox, dello University College di Londra, con John Wood, uno dei massimi esperti mondiali di genetica del dolore.
La rarissima sindrome identificata in un gruppo familiare senese provoca una particolare insensibilità, e in particolare mancanza di dolore nel caso di fratture ossee e nel caso di bruciature, e scarsa termoregolazione corporea. D’altro canto, le persone affette hanno alte capacità cognitive e motorie, e conducono una vita normale sotto tutti gli aspetti.
La sindrome venne in prima battuta identificata all’Università di Siena, descritta in un articolo di Giacomo Spinsanti pubblicato nel 2008, ed è stata chiamata “Marsili syndrome”, dal cognome della famiglia studiata. La collaborazione con il professor Wood, e con i ricercatori dello University College di Londra, ha successivamente permesso di identificare la particolare mutazione del gene ZFHX2 che caratterizza il DNA del gruppo familiare indagato, e di riprodurre la sindrome sul topo, intervenendo sullo stesso gene, prima eliminandolo e poi inducendo la mutazione genetica oggetto dello studio.
Ulteriori ricerche sulle caratteristiche di questa mutazione genetica potranno portare, secondo i ricercatori, ad una svolta nel trattamento del dolore cronico, con un sostanziale miglioramento nella vita dei milioni di persone che ne sono affette, e che non trovano un aiuto risolutivo nei farmaci esistenti.
Qui potete trovare l’articolo integrale su Brain, appena pubblicato