Prosegue l’attività di ricerca, diagnosi e terapia dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese sull’alcaptonuria, malattia rara ereditaria caratterizzata da un difetto genetico del catabolismo, ossia della trasformazione dell’acido omogentisico. A Siena viene fornito un triplice contributo per l’alcaptonuria, come spiega il professor Bruno Frediani, direttore UOC Reumatologia dell’Aou Senese: «L’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, in stretta collaborazione con il Dipartimento di biotecnologie, chimica e farmaceutica dell’Università di Siena, diretto dalla professoressa Annalisa Santucci, sta conducendo da anni un’attività di ricerca che ha già dimostrato, oltre all’accumulo del pigmento ocronotico, la produzione e l’accumulo di amiloide, la cui riduzione può diminuire le conseguenze infiammatorie della malattia stessa. Svolge un ruolo molto importante – aggiunge Frediani – l’AIMAKU, associazione di malati di alcaptonuria, presieduta dalla professoressa Sylvia Sestini, che permette una diffusione capillare delle informazioni con una rappresentanza di livello europeo. Infine – conclude il direttore della Reumatologia delle Scotte – abbiamo messo a punto un percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale, il PDTA, che permette al malato di incontrarsi con biologi, reumatologi ed altri specialisti, in modo da essere sottoposto ad una serie di esami e consulenze specialistiche che consentono al paziente di completare gli accertamenti in poche ore, e di fornire ulteriori contributi alla ricerca condotta nei laboratori della professoressa Santucci». La prevalenza dell’alcaptonuria è di 1-9 abitanti su 1.000.000: l’acido omogentisico in eccesso, la cui trasformazione è alla base della malattia, viene eliminato nelle urine come pigmento ossidato scuro, ma si accumula anche in vari tessuti, e soprattutto nelle cartilagini. Intorno ai 30-40 anni questo accumulo dà alterazioni importanti delle articolazioni a spalle, ginocchia, anche, colonna, costo-sternali e a livello oculare, cardiaco e urinario.