Le nanofibre di cellulosa rappresentano una promettente risorsa per molteplici settori industriali, ma quale impatto hanno sull’ambiente marino? Una ricerca pubblicata dalla prestigiosa rivista “Environmental Science Nano” della Royal Society of Chemistry ha recentemente affrontato questa tematica in uno studio su organismi marini considerati sentinelle della qualità del mare, i mitili o meglio conosciuti come cozze. Il lavoro è stato condotto congiuntamente dai gruppi di ricerca OscmLab, del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta” del Politecnico di Milano (Laura Riva e Carlo Punta), e EcoBiomLab, del Dipartimento di Science Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena (Tatiana Rusconi e Ilaria Corsi), in collaborazione con Montserrat Solè dell’Instituto de Ciencias del Mar di Barcellona.
Sono state analizzate due tipologie di nanofibre di cellulosa, ossidate e non ossidate, per valutarne l’impatto ecotossicologico sul mitilo mediterraneo e stabilirne la sicurezza per l’ambiente marino. I risultati hanno evidenziato come le nanofibre di cellulosa possano interessare la risposta immunitaria del mitilo e alterare la funzionalità delle branchie in seguito ad interazioni di carattere fisico (adesione superficiale). Tuttavia, non sono state osservate tossicità tali da mettere a rischio la sopravvivenza della specie né condizioni di stress capaci di alterare la sua risposta ai cambiamenti ambientali.
La sperimentazione condotta in laboratorio ha permesso altresì di escludere possibili cambiamenti del pH e della salinità delle acque marine in seguito al rilascio delle nanofibre mimando scenari espositivi realistici quali quelli associati al loro trasporto con i reflui di depurazione nelle aree marine costiere. “Questo studio solleva questioni fondamentali sull’interazione tra le nanofibre di cellulosa e la biodiversità marina – dichiara Ilaria Corsi del Dipartimento di Science Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena – stimolando l’esigenza di ulteriori ricerche per una valutazione del rischio ecologico che tenga conto di tempi di esposizione cronici e condizioni di stress multiplo quali quelle che ormai interessano le aree marino-costiere del Mediterraneo”.
“Contemporaneamente – aggiunge Carlo Punta del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta” del Politecnico di Milano – apre la porta a un utilizzo responsabile di questo nanomateriale, di interesse crescente per applicazioni sostenibili nei settori cosmetico, cartario, degli imballaggi e delle vernici, così come in edilizia e nell’industria automobilistica.
Link al lavoro pubblicato sulla rivista “Environmental Science Nano”: https://pubs.rsc.org/en/content/articlelanding/2024/en/d3en00135k