Sena Vetus

La vita dei gittatelli del Santa Maria della Scala e le tracce nella toponomastica

Erano per lo più figli illegittimi, ma anche storpi, malati, malformati o, semplicemente, femmine e dunque inutili. Oppure erano normali, ma avevano avuto la sventura di nascere in famiglie troppo povere per mantenerli.

Abbiamo già imparato a conoscere, in queste settimane, un po’ di storia dei “gittatelli” del Santa Maria della Scala, erano l’esercito dei bambini che (verrebbe da dire nel medioevo ma, di fatto, fino a tutto l’800) venivano abbandonati e affidati alla misericordia degli ospedali.

I fanciulli, una volta accolti dall’ente caritativo, registrati e battezzati (se vi era l’incertezza che non avessero ricevuto il sacramento: chicchi di sale o del carbone ne indicavano appunto la mancanza) erano affidati a balia fino allo svezzamento che avveniva intorno ai 30 mesi di età. Le balie, generalmente esterne all’ente, venivano accuratamente scelte dall’ospedale e da questo venivano stipendiate per i mesi in cui crescevano l’esposto loro affidato.

E’ facile immaginare come il tasso di mortalità infantile tra gli esposti accolti nelle strutture ospedaliere fosse alto (anche il 60%), come alto era anche tra quelli che erano messi a balia. Spesso il bambino era già molto malato quando veniva lasciato a causa del freddo e dei disagi del viaggio da luoghi anche lontani. Se il bimbo resisteva ci pensavano le cattive abitudini igieniche e alimentari a fare il resto.

Compiuti i tre anni gli esposti rientravano in ospedale e a questo punto le sorti tra maschi e femmine si differenziavano: i primi ricevevano un’educazione scolastica prima di apprendere un mestiere; le seconde venivano impiegate appena possibile nel lavoro. Una volta cresciuti l’ospedale esauriva gli obblighi nei loro confronti: cercava per tutti una collocazione lavorativa (i maschi potevano restare nella struttura fino al compimento del diciottesimo anno) e si preoccupava di combinare un matrimonio per le ragazze alle quali forniva anche una dote.

La funzione di accogliere bambini abbandonati è così importante, per l’ospedale e la città, da lasciare un’impronta anche nella toponomastica cittadina.

Infatti, se fino al XVI secolo la casa delle balie si trovava in piazza del duomo, in seguito il reparto fu spostato nell’attuale Via dei Fusari, che non a caso lo stradario del 1789 denomina anche “Via delle Balie”. Negli anni immediatamente successivi al 1601, infatti, vennero adattati alle nuove necessità alcuni edifici preesistenti di proprietà dell’ente ospedaliero  posti all’imbocco di quelle strade che prenderanno il nome di “Chiasso Ripido delle Balie” (oggi Vicolo di San Girolamo) e, appunto, “strada delle Balie” (l’odierna Via dei Fusari).

Il Chiasso Ripido delle Balie dal 1871, quando la casa delle balie perse la sua funzione, ha assunto la denominazione di Vicolo di San Girolamo che mantiene ancora oggi (il nome proviene dalla Compagnia Laicale di San Girolamo e San Bernardino, che dagli anni Trenta del Quattrocento aveva avuto la sua sede “sotto le volte dell’ospedale”).

Anche a San Gimignano, del resto, dove esisteva un ospedale dipendente dal Santa Maria della Scala di Siena (e con funzioni simili) la pratica dell’abbandono e la conseguente accoglienza da parte dell’ente caritativo è ricordata ancora oggi dal “vicolo degli Innocenti”, nome assunto proprio dalla strada su cui sorgeva l’ospedale.

L’ospedale di Santa Maria della Scala di San Gimignano, originariamente intitolato a San Niccolò, viene fondato nel 1315 dal mercante Chiaro di Ubaldo Palmieri, proprio a beneficio dei soli bambini abbandonati (accolti in precedenza in quello di Santa Fina) anche se ben presto passa sotto l’amministrazione del Santa Maria della Scala di Siena assumendone anche il nome.

 

Roberto Cresti

Maura Martellucci

 

Katiuscia Vaselli

Nata nel cuore di Siena, giornalista e contradaiola fervente. Ora Capo-redattorice di Siena News e Presidentessa di Dinamo Digitale.

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Katiuscia Vaselli

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