Questa condizione ha spesso un impatto significativo sulla qualità della vita e richiede un adeguato supporto medico insieme a una gestione mirata dei sintomi.
Viene spesso considerata una malattia trascurata, la vulvodinia è però una condizione estremamente invalidante per le donne che ne soffrono.
Si tratta di una patologia caratterizzata da dolore cronico a carico della vulva e dei tessuti circostanti, associato a bruciore, arrossamento e difficoltà nei rapporti sessuali.
Pur colpendo circa il 12-15% della popolazione femminile, la vulvodinia rimane ancora una malattia sottostimata e di difficile individuazione: fattori che ritardano notevolmente sia la diagnosi che il trattamento, per questo la malattia può rimanere non curata per anni.
Viene spesso erroneamente considerata un disturbo psicosomatico, interpretazione ormai obsoleta: la patologia ha, infatti, solide basi biologiche che ricadono nell’ambito medico, e come tale deve essere curata.
In base alle modalità con cui si manifesta e alla localizzazione del dolore è possibile distinguere varie forme di vulvodinia.
Si parla di:
- Vulvodinia provocata, se i sintomi si presentano a causa del contatto o durante la penetrazione vaginale.
- Vulvodinia spontanea, se il dolore è avvertito in modo costante e in assenza di fattori che lo scatenano.
Inoltre, la sintomatologia dolorosa può interessare non solo l’area vulvare, ma anche la zona perianale e il perineo, il vestibolo vaginale (la zona compresa tra l’ingresso vaginale e le piccole labbra), il clitoride, l’uretra e il retto.
Quali sono i sintomi?
Come detto in precedenza, il principale sintomo della vulvodinia è il dolore localizzato nella zona vulvare, ma la patologia presenta un quadro sintomatologico complesso e persistente, che di solito si estende per un periodo di almeno tre mesi. I sintomi possono variare in intensità e includere:
- Eritema che interessa la vulva o il vestibolo vulvare
- Sensazioni di bruciore, arrossamento e irritazione nella zona vulvare
- Una sensazione simile a punture di spillo
- Intorpidimento e gonfiore
- Secchezza vaginale, con sensazione di abrasione e perdita del rivestimento della mucosa
- Sensazione di tensione nella zona vulvare
- Dispareunia, ovvero fastidio o dolore, che può essere estremamente intenso, durante i rapporti sessuali
- Difficoltà nella minzione.
Quali sono le cause?
La vulvodinia è una condizione complessa e multifattoriale, il cui processo fisiopatologico non è ancora completamente compreso. Spesso, sono numerose le cause che interagiscono tra loro, soprattutto quando il disturbo persiste nel tempo.
L’insorgenza della patologia è spesso associata a un’iperattività dei mastociti, che sono cellule del sistema immunitario responsabili di uno stato infiammatorio prolungato nella zona vulvare. Altre possibili cause includono:
- Ipercontrattilità della muscolatura circostante l’area vulvare e perianale
- Iperstimolazione delle terminazioni nervose responsabili della percezione del dolore
- Infezioni vaginali e vescicali croniche o recidivanti
- Lesioni del nervo pudendo causate da eventi come il parto o traumi.
Inoltre, la vulvodinia può essere associata a un’eccessiva sensibilità ai segnali dolorosi, che può manifestarsi come:
- Iperalgesia, una risposta dolorosa amplificata o prolungata a stimoli dolorosi modesti
- Allodinia, la percezione di dolore da parte di stimoli normalmente non dolorosi.
In alcuni casi, la contrazione riflessa dei muscoli vaginali può contribuire al dolore cronico, causando uno spasmo muscolare permanente. Inoltre, l’iperattivazione dei mastociti, normalmente responsabili delle risposte immunitarie locali, può essere innescata da infezioni ripetute o irritazioni, promuovendo la proliferazione delle terminazioni nervose coinvolte nella percezione del dolore.
Fattori predisponenti e aggravanti possono includere:
- Disturbi urinari e ginecologici
- Microtraumi a livello genitale
- Uso di prodotti per l’igiene intima inappropriati
- Disturbi immunitari come allergie o eczemi
- Neuropatie
- Traumi sessuali.
Come si diagnostica?
La diagnosi della vulvodinia si basa sulla sintomatologia rilevata durante l’anamnesi e la visita ginecologica.
Durante l’esame vulvoscopico, viene effettuata un’ispezione della vulva al fine di escludere eventuali anomalie che potrebbero essere responsabili del dolore, come ad esempio la vaginite atrofica, il lichen scleroso, le distrofie vulvari o le malformazioni congenite. Questo passo è fondamentale per identificare le cause dei sintomi.
La diagnosi è poi confermata mediante la valutazione dell’aumento della sensibilità alla pressione sulla vulva e la positività al test per l’allodinia, noto come swab test. Questo test consiste nel toccare con un cotton-fioc specifici punti della zona vestibolare. Una donna con vulvodinia risponde con una reazione dolorosa esagerata e non proporzionata allo stimolo. Grazie allo swab test, è possibile individuare le aree in cui le sensazioni spiacevoli sono più intense.
Inoltre, la quantificazione dell’intensità del dolore percepito e la sua localizzazione, attraverso la mappatura del dolore, rappresentano ulteriori elementi diagnostici rilevanti per identificare i sintomi associati alla vulvodinia.
A tal fine, le pazienti sono invitate a valutare determinati parametri attraverso un questionario, fornendo al medico indicazioni preziose per la scelta della terapia più adatta.
In alcuni casi, può essere utilizzata l’elettromiografia per verificare la reattività eccessiva del muscolo elevatore, per affinare la diagnosi e pianificare il trattamento in modo accurato.
Come si cura?
Non esiste un approccio terapeutico universale per la vulvodinia, dal momento che ogni caso è unico e riguarda una serie di fattori complessi. Pertanto, il trattamento deve essere personalizzato e adattato alle esigenze specifiche delle pazienti.
La guarigione può richiedere alcuni mesi, ma ci sono varie opzioni di trattamento a disposizione. È possibile ricorrere all’uso di farmaci, e alle terapie fisiche, ma anche la psicoterapia o terapia sessuale possono avere un impatto importante.
Il trattamento farmacologico si avvale principalmente di:
- Anestetici locali, come la lidocaina in forma di crema o gel
- Il sodio cromoglicato, utilizzato per stabilizzare l’attività dei mastociti e interrompere l’infiammazione.
- Analgesici, come il gabapentin o l’amitriptilina per gestire il dolore cronico.
- Lubrificanti, per ridurre la secchezza vaginale.
La terapia cognitivo-comportamentale, sia individuale che di coppia, insieme a una terapia sessuale, svolgono un ruolo cruciale nell’aiutare le donne ad affrontare la vulvodinia e a ripristinare una relazione intima con il partner, se è stata compromessa dalla malattia.
La gestione dello stress e delle reazioni emotive legate al disturbo, inoltre, fa parte delle misure psicoterapeutiche.
È possibile, ancora, ricorrere alla fisioterapia per controllare la contrazione dei muscoli e il dolore, oltre a massaggiare le zone dolenti per ridurne la sensibilità. Una delle tecniche più comuni è la riabilitazione muscolare del pavimento pelvico, utile nelle donne con ipertonia muscolare vaginale.
L’elettrostimolazione (TENS) e l’uso di dilatatori vaginali progressivi sono altri approcci fisioterapici utilizzati per rilassare i muscoli interni.
Altri trattamenti
La chirurgia è riservata ai casi più gravi e può comportare la rimozione di parte delle terminazioni nervose della mucosa. Tuttavia, i risultati positivi sono spesso limitati e il dolore potrebbe ricomparire una volta che i nervi si rigenerano.
Un intervento sperimentale è l’iniezione locale di tossina botulinica di tipo A per alleviare il dolore delle terminazioni nervose iperattive. Questo trattamento inibisce temporaneamente le contrazioni muscolari locali, inducendo un benefico rilassamento che può durare fino a 6 mesi.