Manovra finanziaria, future coalizioni in vista delle elezioni, tagli alle Province e aumento di sfiducia nella politica. Questi i temi affrontati da Rosy Bindi ieri sera presso lo spazio dibattiti della Festa democratica di Siena, durante un’intervista “seria ma non troppo” con la comica sinalunghese Anna Meacci. Le domande, poste in maniera ironica e spiritosa dalla comica su temi importanti di attualità, hanno animato lo spazio dibattiti, gremito di persone che hanno partecipato attivamente ad un’iniziativa, che ha creato un mix coinvolgente di serietà e umorismo.
“Se fossimo stati al governo – ha detto Rosy Bindi rispondendo alla prima domanda – forse non saremmo arrivati a questo punto, perché ci saremmo mossi prima. Siamo alla quinta o sesta manovra perché le precedenti muovevano dal presupposto che tutto andava bene, che la crisi c’era, sì, ma che l’Italia non sarebbe mai diventata come la Grecia. Se le manovre precedenti fossero state concrete e non avessero fatto soltanto macelleria sociale o affondato su coloro che già pagano le tasse, forse adesso la situazione sarebbe diversa. Ma finora si sono susseguite solo manovre inefficaci. Ci sono due dati oggettivi della crisi: il primo è che siamo il terzo debito del mondo, pur non essendo la terza potenza economica del mondo; il secondo è che la crisi non è solo italiana ma dell’Occidente. A questo si aggiunge il fatto che loro al governo non hanno saputo finora far fronte alla situazione. Se fossimo stati al governo la prima cosa che avremmo fatto sarebbe stato rilanciare l’Europa comunitaria, che se vuole essere uno spazio di moneta unica deve essere anche uno spazio di economia finanziaria unita. Il nostro governo non ha creduto nell’Europa e quando ha capito che ne aveva bisogno non aveva più l’autorevolezza per chiedergli aiuto”.
“Il debito – ha continuato la Bindi – non si tiene sotto controllo con finte politiche di contenimento della spesa. Non si può pensare che il debito pubblico si possa eliminare tagliando lo stato sociale, dando meno istruzione ai ragazzi, meno assistenza agli anziani e meno diritti ai lavoratori. Oltre al contenimento delle spese, per diminuire il debito pubblico occorrono anche delle riforme concrete. Il debito pubblico, inoltre, si combatte se c’è crescita economica. Saremmo stati meno aggredibili con un governo più credibile. È arrivato il tempo che inizi a pagare chi non ha pagato fino ad adesso. Deve essere combattuta l’evasione fiscale, perché un governo che non sa combattere l’evasione fiscale è già fallito in partenza. Avremmo anche fatto delle vere liberalizzazioni, prendendo provvedimenti concreti per incoraggiare l’imprenditoria giovanile, e avremmo ascoltato Confindustria perché le sue proposte sono molto più adeguate di quelle avanzate dal governo: se non riparte l’economia delle piccole e medie imprese non c’è possibilità di uscire dalla crisi e contribuire alla crescita economica del paese”.
“Chiediamo il cambio di governo – ha detto la Bindi – ma prima vorremmo ottenere una legge elettorale diversa e il dimezzamento del numero dei parlamentari. Abbiamo chiesto un governo del presidente della Repubblica, persona più dignitosa a livello europeo, con i ministri che vuole lui e supportato da chi è presente in Parlamento. Non sono più disponibile ad essere considerata responsabile delle cose che avvengono in Italia, delle cose che vogliono fare e fanno loro. Con il governo attuale rischiamo di compromettere la politica e la vita democratica del nostro paese. Se 10 milioni di elettori del centro destra al referendum hanno votato come 15milioni di elettori del centro sinistra, però vuol dire che qualcosa è cambiato. Nel nostro paese bisogna ricostruire le fondamenta della vita democratica. Riguardo alla futura coalizione bisogna definire in modo chiaro il binario che intendiamo seguire. Non possiamo compromettere la nostra alleanza storica con Vendola e Di Pietro, ma non possiamo neanche ricacciare o rendere sterile il terzo polo. Un accordo con chi in questi anni ha lasciato Berlusconi dobbiamo tentare di farlo”.
“La soppressione di alcune Province – ha detto la Bindi – è una manovra che forse è necessaria, ma chi pensa di farci cassa si sbaglia di grosso. Sono convinta che prima di arrivare alla soppressione delle Province si debba ripensare alle strutture e sovrastrutture del territorio create negli ultimi anni. Bisogna tenere presente inoltre che si tolgono delle strutture ma che i servizi da fornire ai cittadini rimangono e ci sarà comunque bisogno di uffici decentrati per coprire il territorio. Questo ovviamente costa. Ecco perché la cifra che hanno messo sulla manovra è una cifra finta. Che in questo paese ci sia troppa classe dirigente e che questa costa è vero, però queste riforme devono essere fatte con progetti seri”.
“Togliendo il consiglio comunale a un Comune di mille abitanti – continua la Bindi – si risparmiano due soldi, ma si chiude una scuola di politica, di democrazia e di partecipazione locale. Si rischia di scivolare verso un atteggiamento di sfiducia nella politica e nel suo funzionamento e un grande partito come il nostro non se lo può permettere. Stiamo attenti a non ritornare a una democrazia consentita solo a chi ha i soldi. Questo è l’ultimo regalo che Berlusconi ha fatto al nostro paese. Un sintomo di sfiducia nei confronti della politica è arrivare a chiedere quanto costiamo piuttosto che cosa facciamo. E i media sembrano tendere ad aumentare questo clima di sfiducia. Non siamo tutti uguali – conclude la Bindi – cerchiamo di ristabilire le responsabilità vere di questo paese e forse saremo in grado di dare ancora fiducia alla politica”.