Chissà cosa sarebbe accaduto se Siena fosse stata scelta come Capitale europea della cultura 2019…
Molto probabilmente , così si diceva allora, ci sarebbero state elezioni comunali anticipate perché il PD non avrebbe mai permesso a Bruno Valentini di gestire i circa 60 milioni di euro previsti dal progetto e lo avrebbe sostituito con qualcuno più fidato, più vicino all’apparato e alle esigenze di dirottare i soldi dove avrebbero avuto un loro ritorno elettorale.
Ma il 17 ottobre 2014 fu scelta Matera, che era peraltro la grande favorita, ed il progetto “magenta” firmato da Pierluigi Sacco arrivò secondo, a pari merito con Ravenna. Un risultato lusinghiero, se non fosse che in questa città arrivare secondi è il destino peggiore possibile.
Pierluigi Sacco si era assunto – con coraggio e coerenza – la piena responsabilità della candidatura, creandosi un gruppo di lavoro con assoluta prevalenza di donne (che qualcuno, con cattiveria, aveva ribattezzato “le ceccuzzine”) ed aveva scelto di isolarsi dalla città, per elaborare un progetto originale, innovativo, inedito, per certi versi sulfureo, e con una rete molto estesa di legami internazionali. Convinto che questa sarebbe stata la chiave della vittoria: l’armonia, e non il contrasto, fra la città antica, medievale, per tanti versi chiusa e conservatrice e un programma di attività di eccezionale modernità e proiettato su tutta Europa.
Proprio per evitare contaminazioni che potessero costringerlo a mediazioni che, secondo lui, avrebbero indebolito l’idera base del progetto, Sacco scelse di limitare fortemente il coinvolgimento della città e di tenere segreti i contenuti fino all’ultimo, nel timore – dichiarato – che altre città potessero copiarlo.
Se avesse vinto, se Siena fosse stata proclamata Capitale europea della cultura 2019, sarebbe stato il “demiurgo” ed il protagonista assoluto della vita cittadina per anni. Qualsiasi ambizione sarebbe stata legittima. Ma arrivò secondo, e questo a Siena è, come ho detto, un difetto imperdonabile.
Un minuto dopo il verdetto divenne invece il “dio che ha fallito”. Del suo progetto “magenta”, che aveva lati deboli, alcune assurdità dettate da eccesso di originalità, ma anche cose molto interessanti, è stata cancellata ogni memoria.
Quando Valentini – secondo me, logicamente – gli ha affidato un incarico di consulenza di qualche migliaio di euro per cercare di intercettare qualche finanziamento europeo che potesse dare gambe finanziarie a parti del progetto Siena 2019, la scelta è stata contestata dalla sua stessa maggioranza, buona ultima – pochi giorni fa – una interrogazione abbastanza velenosa della consigliera Stefania Bufalini del Pd, considerata vicino a Stefano Scaramelli.
Che sarebbero arrivati i 40 milioni di euro, a suo tempo promessi dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, “anche in caso di sconfitta”, nessuno ci aveva mai creduto. Ma abbandonare così, nel cassonetto dell’indifferenziato, quel progetto “magenta” è stato un errore, ed ha contribuito a tenere Siena senza una politica culturale.
Roberto Guiggiani
(5-continua)