Oltre 150 firme in sole due ore. Ecco il primo bilancio della raccolta di firme dei democratici Senesi che hanno risposto attivamente all’invito del coordinatore provinciale dei comitati per Matteo Renzi, Stefano Scaramelli, che, anche oggi, promuove la raccolta di adesioni per convincere Epifani a far votare, in vista del congresso, non soltanto gli iscritti al partito ma anche gli elettori di centrosinistra.
“Quello a cui stiamo assistendo è un dibattito surreale – commenta Scaramelli – vogliamo un Pd moderno, libero da correnti e per cambiarlo non deve aprirsi, come adesso dicono tutti, ma spalancarsi. Il Pd deve essere capace di credere e di guardare al nuovo, al futuro, alle nuove generazioni e a tutti coloro che vogliono avvicinarsi, considerandoli una risorsa e non un pericolo. Vogliamo bene al nostro partito, lo vogliamo cambiare perché vogliamo cambiare l’Italia. Stiamo facendo questa battaglia in vista del Congresso, per liberare energie e idee nuove, per accogliere con un sorriso tutti e per smettere di vedere l’altro, un pezzo del tuo stesso partito che, però, non la pensa come te, come un rischio o come un problema. E le firme raccolte dai vari comuni della provincia sono un elemento simbolico ma rappresentativo del radicamento dell’attività che i comitati vogliono portare dentro il partito fin dal prossimo congresso per il bene del Pd”.
Nell’appello rivolto al Segretario Nazionale Guglielmo Epifani, gli iscritti e gli elettori del centrosinistra chiedono di poter sostenere candidati diversi, anche in aperta contrapposizione tra loro. “Alcuni di noi pensano che – si legge nella petizione – il segretario nazionale del Pd debba essere anche il nostro candidato Premier, altri che sia più utile tenere distinte le due figure. Una alternativa di cui certamente continueremo a discutere e che in ogni caso non può essere risolta una volta per tutte da una norma che rigidamente imponga una delle due soluzioni. Ma, insieme, chiediamo con forza che il Congresso si svolga nei tempi e nei modi fissati dallo Statuto, come nel 2009. Quando abbiamo fondato il Pd abbiamo scelto di dare valore alle regole della nostra democrazia interna. Perché il Pd non è un partito personale, di proprietà dei dirigenti pro tempore. E nel Pd quindi i dirigenti pro tempore non possono modificare le regole a piacimento”.