Una vetrina, un punto di contatto privilegiato le cui difficoltà rivelano un paradosso”. La nota prosegue ricordando che, “per utilizzare una definizione esemplificativa, possiamo affermare che la cultura è una delle vocazioni di Siena, ovvero uno di quei settori verso cui la città ha una propensione pressoché naturale. Propensione che dovrebbe essere foriera di sviluppo economico, con l’attrazione di visitatori e la creazione di un indotto in grado di fornire occupazione e spazi per l’imprenditoria. In una parola, «turismo». La candidatura al titolo di Capitale Europea della Cultura per il 2019 aumenta la dissonanza prodotta dalle difficoltà dell’ufficio turistico in Piazza del Campo. A fronte di una progettualità che mira in alto, con ambizioni internazionali, si riscontrano notevoli ostacoli anche solo nella gestione delle strutture esistenti. Se la candidatura di Siena al titolo di Capitale Europea della Cultura per il 2019 vuole avere concrete possibilità di riuscita, occorre creare un sistema. Un sistema in cui tutte quelle componenti che a vario titolo interagiscono con il settore della cultura abbiano modo di interconnettersi per generare un’offerta coesa, armonica ed il più possibile efficiente in termini di strutture”. Da un lato le elevate ambizioni cittadine sul settore culturale, dall’altro le difficoltà nella traduzione in realtà di queste ambizioni. “Tutti i possibili progetti legati a Siena 2019 non potranno prescindere da una declinazione pratica. Le difficoltà dell’ufficio turistico in Piazza del Campo impongono realismo. Nero su Bianco ha analizzato già da tempo il tema delle strutture che devono essere messe in campo per sostenere una candidatura al titolo di Capitale Europea della Cultura per il 2019 – conclude la nota della lista civica – Nell’approfondimento pubblicato sul blog, e liberamente consultabile da chiunque, ci siamo proprio concentrati sulla massa critica che ogni aspirante al titolo deve mettere assieme. Il rapporto Palmer/Rae and Associates, commissionato dalla stessa Unione Europea come studio sulle candidate che hanno partecipato e vinto la competizione, specifica al di là di ogni ragionevole dubbio che l’assegnazione del titolo non viene subordinata alla sola bellezza architettonica o al patrimonio artistico in sé stesso. In altre parole, una città non vince solo perché è genericamente definibile come «bella». Non si tratta di un riconoscimento al decoro urbano, ma di una sfida in cui si misura la capacità di sistematizzare l’offerta. Una sistematizzazione che non può prescindere dalla massima inclusione possibile di tutti quei soggetti cittadini, provinciali e regionali che si occupano a vario titolo di cultura e turismo, oltre che dell’indotto”.
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