Il prossimo 4 dicembre gli elettori saranno chiamati al voto per decidere se approvare o meno la riforma costituzionale promossa dal governo Renzi. Si tratta del progetto di riforma che coinvolge il maggior numero di articoli (47 per la precisione, ndr) dal 1948 ad oggi.
Se vincerà il Sì la riforma andrà a tutti gli effetti a modificare la nostra Costituzione, mentre in caso di vittoria del No verrà respinta. Trattandosi di referendum costituzionale non è previsto alcun quorum, e la votazione sarà quindi valida indipendentemente dal numero di persone che si recheranno alle urne.
Ma cosa prevede esattamente la riforma? Nel corso delle prossime settimane la esamineremo punto per punto. Iniziamo da quello che è, senza dubbio, uno degli aspetti fondamentali della riforma costituzionale: il Senato.
Partiamo dai numeri. Dagli attuali 315 si scenderà a 95 senatori, di cui 74 consiglieri regionali (ogni Regione nominerà almeno due rappresentanti, in proporzione al numero dei propri abitanti e dei voti ricevuti da ogni partito, che verranno scelti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”) e 21 sindaci (uno per Regione, a parte il Trentino Alto-Adige che avrà a disposizione due nomine).
I nuovi senatori – che saranno espressione delle autonomie territoriali – non verranno più eletti direttamente dai cittadini, ma saranno oggetto di un’elezione indiretta da parte dei Consigli regionali. Le modalità di elezione dovranno essere specificate con legge ordinaria dopo l’eventuale approvazione della riforma, ma al momento non c’è ancora chiarezza su quale meccanismo verrà scelto. Allo stesso tempo non sarà più necessario aver raggiunto i 40 anni di età per essere eletti senatori, essendo sufficiente il raggiungimento della maggiore età.
Ai 95 senatori scelti dalle assemblee regionali si andranno ad aggiungere 5 membri nominati dal presidente della Repubblica, “scelti tra coloro che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, che resteranno in carica per 7 anni.
Inoltre, anche gli ex presidenti della Repubblica faranno parte di diritto del nuovo Senato, secondo quanto previsto dall’articolo 59 della Costituzione.
I senatori, oltre al nuovo incarico in Parlamento, continueranno ad esercitare anche il ruolo di consiglieri regionali o sindaci. Le modalità attraverso le quali si svolgeranno i lavori al Senato non sono ancora state definite nel dettaglio: esse dovranno consentire la partecipazione dei senatori ai lavori dell’assemblea e delle commissioni (partecipazione che, secondo il nuovo articolo 64 della Costituzione, è obbligatoria, ndr).
La durata del mandato parlamentare coinciderà con quella del mandato dell’ente locale presso il quale sono stati eletti i senatori (Comune o Regione, ndr). Il Senato non sarà più sottoposto a scioglimento e allo stesso tempo non avrà una composizione stabile, rinnovandosi parzialmente ogni volta che i singoli sindaci o consiglieri regionali avranno esaurito il loro mandato.
I nuovi senatori godranno dell’immunità parlamentare prevista all’articolo 68 della Costituzione, ma soltanto in relazione alle loro funzioni parlamentari e non a quelle di sindaco o consigliere regionale. Essi non potranno quindi essere chiamati a rispondere dei voti e delle opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni parlamentari, e l’esecuzione di eventuali misure cautelari nei loro confronti dovrà essere preventivamente autorizzata dal Senato.
Infine l’aspetto economico. Non è prevista alcuna indennità per i futuri senatori: essi riceveranno esclusivamente quella stabilita per la propria carica di consigliere regionale o sindaco, che per il futuro verrà fissata da una legge del Parlamento. Tuttavia, i senatori potranno comunque disporre di altre forme di rimborso diverse dall’indennità: diaria, rimborso per l’esercizio del mandato, rimborso forfetario per spese generali e sconti per l’utilizzo dei mezzi di trasporto.
Giulio Mecattini
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