Bruno Valentini: “Si può accantonare il popolo delle primarie?”

«Si può accantonare il popolo delle primarie? Gli eventi degli ultimi giorni (il ritorno di Berlusconi, la caduta di Monti, i rischi della speculazione contro l’Italia, l’incertezza dell’esito elettorale) dimostrano che il segnale uscito dalla primarie del centrosinistra non esprime solo una domanda di rinnovamento e di partecipazione ma anche che senza quella parte che ha scommesso sul programma di Renzi, l’uscita dalla crisi politica ed economica è a rischio».
Bruno Valentini interviene a commentare la crisi politica attuale ed il bagaglio di esperienza ed energie messo in campo con le primarie del centrosinistra.
«Dopo il nobile ed inusuale passo indietro di Renzi la notte stessa del successo di Bersani, in tutta Italia c’è un fermento, fuori e dentro il PD, che è ancora informe ma inequivocabile. Non abbiamo scherzato. Le persone che hanno creduto in quel progetto si vanno organizzando. La novità consiste nel fatto che vogliamo tenere vivo il fuoco dell’entusiasmo e della volontà di cambiamento che ci ha animato. Non è certo la nascita di un nuovo partito né tanto meno l’aggiungersi di una corrente organizzata. Per adesso siamo persone diverse, anche molto diverse l’uno dall’altro, preoccupati per le sorti del proprio Paese ed animati dalla voglia di spezzare la routine della vecchia politica. Inorriditi dalla ricomparsa di Berlusconi ed indignati per il degrado della moralità pubblica».
«Finché si trattava di sostenere un candidato ed il suo programma era relativamente semplice trovare un minimo comune denominatore, ma adesso c’è da fare un passo più in là, strutturando contenuti e modalità di confronto. Ho ricevuto in questo breve periodo decine di domande, inviti, esortazioni a non mollare, a proiettare in avanti questo progetto appena iniziato, che a Siena ed in Toscana è maggioranza virtuale nell’elettorato del centrosinistra. Abbiamo tutti una grande responsabilità, quella di costruire una cosa nuova, che apre ed aggiorna la politica al contributo ed alla critica della società, che da noi, a differenza della Sicilia, non si è arresa all’astensionismo ma ha puntato sulla partecipazione consapevole. Mentre il Paese sta peggio ogni giorno di più, stretto fra la recessione e l’aumento del carico fiscale, l’accelerazione della crisi politica rende concitato ogni passaggio. Il primo traguardo è quello di come aprire la selezione della classe dirigente, sia nella politica che nelle istituzioni e nelle nomine degli enti, alla democrazia allargata ed alla competenza. Il nodo del rinnovamento non riguarda solo il Parlamento ma, a scendere, Regioni, Province, Comuni ed enti collegati. Non regge più un sistema chiuso dove si entra ma non si esce mai, indipendentemente dai risultati conseguiti e dalla disponibilità alla verifica costante sull’operato. La crisi italiana non è solo il dissesto della finanza pubblica, ma anche tanti disastri secondari. Non è solo il centrodestra ad aver sbagliato, anche se porta con sé le colpe maggiori. Le primarie a Siena non sono necessarie tanto per giochetti di potere, quanto per distinguere progetti differenti intorno a domande decisive di verità, di trasparenza ed innovazione. Sarebbe un errore fissare tempi troppo stretti e regole scritte apposta per ingabbiare la partecipazione: terrebbero lontana la gente e comprometterebbero il risultato delle elezioni effettive».