Il covid corre in Europa ma l’Italia può stare tranquilla. Il motivo? Lo spiega Emanuele Montomoli

Più di 1100 morti e 40mila casi al giorno in Russia, casi e morti in aumento in Germania mentre in Gran Bretagna le infezioni giornaliere qualche giorno fa superavano quota 50mila. In una larga parte del vecchio continente il coronavirus non è ancora stato sconfitto ed ha avuto il suo colpo di reni in questi ultimi mesi del 2021. In Italia ieri si sono registrati 5188 positivi con il tasso di positività sceso allo 0,7% ma per giorni la curva epidemica ha visto una leggera crescita. “Le terze dosi di vaccino non ci mancano, ma stiamo sentendo il peso delle riaperture”, chiarisce subito Emanuele Montomoli, docente di Igiene dell’Università di Siena e cso di Vismederi. “Se vogliamo estendere l’analisi di questa ripresa del contagio vediamo che, nei paesi con bassa copertura vaccinale, il virus corre mentre, in paesi come il Portogallo dove le due dosi sono state somministrate ad oltre l’80% della popolazione, i casi sono sì in aumento, ma questo è leggero e le ospedalizzazioni sono sotto controllo”, spiega. Ma allora l’Italia perché sta meglio rispetto ad altre realtà? “Siamo partiti a rilento con la campagna vaccinale ma adesso stiamo andando bene – continua Montomoli-. Possiamo dirci al riparo da una ripartenza vigorosa dell’infezione. Un aumento dei contagi è possibile ma non sarà così drammatico come sta avvenendo in altre nazioni europee”. Per il cso di Vismederi si andrà verso qualcosa che è simile alle epidemie di influenza stagionale, “con la differenza che il Sars-cov2 non è un virus che ha bisogno del freddo”. Le prossime ondate epidemiche di coronavirus “si potrebbero avere in primavera o in autunno -prosegue- e la loro gravità dipenderà dalla diversità della variante in circolazione rispetto al ceppo originale contro cui ci siamo vaccinati”. Per Montomoli infine è difficile assistere a nuove chiusure e restrizioni “ma dobbiamo continuare a vaccinare -avverte-. Io speravo che con il green pass si riuscisse a convincere e ridurre la fascia di esitanti alla somministrazione del farmaco però vedo che si fanno ancora poche prima dosi”

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