Tra il 10 ed il 20% delle coppie nel mondo, non possono avere bambini. In Europa, l’infertilità di coppia è intorno al 14%. L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha riconosciuto l‘infertilità come malattia, le cui cause sono tante e di diversa natura.
Questi i numeri di un fenomeno sociale di dimensioni rilevanti e, purtroppo, in crescita, il quale richiede soluzioni adeguate e che assicurino a tutta la popolazione interessata, l’accesso agli interventi di prevenzione, diagnosi e cura.
La Toscana interviene con una delibera presentata dall’assessore al diritto alla salute Stefani Saccardi, approvata dalla giunta nel corso dell’ultima seduta. La Regione ha istituito la Rete regionale per la prevenzione e cura dell’infertilità: una rete clinica dedicata, per adeguare l’offerta di servizi per l’infertilità ai migliori standard qualitativi nazionali e internazionali e garantire uniformità di risposte e percorsi in tutta la regione.
“Abbiamo già applicato il modello delle reti in altri campi del nostro sistema sanitario, per esempio le reti regionali tempo dipendenti – dice l’assessore Stefania Saccardi – Con la Rete per la prevenzione e la cura dell’infertilità, vogliamo assicurare alle persone una gestione consapevole della fertilità e anticipare la diagnosi di infertilità, consentendo di adottare terapie efficaci nelle strutture adeguate. Non è un caso che ora la maggior parte dei pazienti vengano da fuori regione In Toscana per sottoporsi a queste tecniche”.
La Rete consente di fornire risposte qualificate inserite all’interno del percorso complessivo per la ‘difesa’ della fertilità, mediante interventi di prevenzione e diagnosi precoce, al fine di curare le malattie dell’apparato riproduttivo e intervenire, quando possibile, per ripristinare la fertilità naturale o adottare l’approccio corretto per poter ottenere la gravidanza, a seconda della situazione soggettiva.
Per questo, la rete individua gli ambulatori specialistici, i consultori e i Centri di PMA (Procreazione medicalmente assistita) di I livello che assicurano risposte appropriate di tipo informativo e di screening sulla capacità riproduttiva e che indirizzano, mediante specifici percorsi codificati all’interno della rete, le persone con un problema di infertilità ai Centri di expertise per l’infertilità maschile o ai Centri di PMA di I livello o di II/III livello a seconda delle necessità, sulla base di specifici protocolli.
Vengono inoltre identificati i tre Centri pubblici per l’Oncofertilità presso la Aou Careggi, la Aou Pisana e la Ausl Se (Ospedale La Fratta).
La Rete assicura un maggiore coordinamento tra i vari specialisti che concorrono al processo di prevenzione e cura dell’infertilità: ginecologi, andrologi, genetisti, infettivologi, oncologi, ecc., con l’obiettivo di rendere più omogeneo e appropriato l’intero percorso.
La principale causa di sterilità femminile è dovuta a patologie a carico dell’ovaio, a cui si aggiungono la sterilità di origine tubarica, responsabile del 25-35% dei casi di sterilità femminile, e quella dovuta a patologia uterina, sia congenita che acquisita.
Con l’aumento dell’età della donna, si osserva una diminuzione della fertilità, poiché il patrimonio follicolare di tutte le donne è geneticamente determinato e, a partire dalla vita fetale, subisce un costante processo di riduzione.
In Italia la percentuale di gravidanze registrate in donne oltre i 35 anni è passata dal 12% nel 1990 al 16% nel 1996 ed è stato stimato che sarà pari al 25% nel 2025.
Con l’aumentare dell’età della donna assistiamo inoltre, sia in vivo che in vitro, ad un aumento di embrioni affetti da alterazio ni cromosomiche che conducono ad aborti pre-clinici e clinici o ad arresto pre-impianto.
L’infertilità maschile rappresenta circa la metà delle cause dell’infertilità di coppia; si tratta di un ambito ampio e in rapido divenire, rispetto al quale è possibile intervenire in maniera efficace in una buona percentuale di casi prima di un eventuale ricorso a tecniche di riproduzione assistita, allineando e coordinando nella valutazione della coppia infertile le competenze del ginecologo, dell’andrologo, del genetista e degli altri professionisti che si occupano di medicina della riproduzione, in modo da evitare perdite di tempo in esami, accertamenti e/o terapie, se non appropriate e codificate in protocolli multidisciplinari.
La prevenzione dell’infertilità riveste un’enorme importanza, anche se finora è stata poco sviluppata, e deve avvenire precocemente, già nell’infanzia e nella prima adolescenza è importante che i genitori e il pediatra effettuino un controllo attento dello sviluppo, sia maschile che femminile, che consenta la diagnosi precoce di alcune anomalie genitali modificabili e il controllo del corretto susseguirsi delle fasi di crescita.
Una corretta educazione alla sessualità per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, causa rilevante di infertilità maschile e femminile, è un altro fattore di fondamentale importanza per preservare la capacità riproduttiva.
La prevenzione dell’infertilità prosegue nella vita adulta, oltre che con l’adozione di un corretto stile di vita, mediante il riconoscimento e la diagnosi precoce delle possibili cause di infertilità, anche in assenza di sintomi, e con una corretta informazione sulla diminuzione che la fertilità femminile e quella maschile, in minor misura, subiscono nel tempo.
Molto spesso l’infertilità legata a problematiche riproduttive viene diagnosticata molto tardi, quando anche le possibili cure risulterebbero inefficaci.
Quindi uno degli ambiti di intervento privilegiati da parte della Rete è rappresentato dalla prevenzione dell’inferitilità, potenziando l’offerta rivolta alla valutazione della capacità riproduttiva di giovani coppie e singoli soggetti, utlizzando strategie d’intervento definite per i diversi target.
Oggi il rapido evolversi delle conoscenze scientifiche, lo sviluppo di tecniche diagnostiche sempre più complesse e raffinate ha radicalmente mutato lo scenario terapeutico dell’infertilità, nello specifico la diagnosi e la terapia della sterilità di coppia hanno subito negli ultimi anni miglioramenti consistenti con un incremento significativo delle percentuali di successo, riconducibile ad approcci avanzati di diagnostica per immagini, all’introduzione di nuove tecniche chirurgiche e di ulteriori possibilità di intervento farmacologico.
Laddove le tecniche mediche e chirurgiche per il ripristino della fertilità femminile o maschile non portino ad un concepimento spontaneo, si ricorre a tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita.
La medicina con la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) può aiutare la fertilità naturale ma non sostituirla, tali tecniche rappresentano di fatto un’opzione per il trattamento della sterilità a cui ricorrere quando sono stati messi in atto tutti gli interventi clinici per il trattamento dell’infertilità e che non sempre sono in grado di esitare in una gravidanza.
Anche per i trattamenti di PMA l’età della donna rappresenta infatti il fattore che più riduce la possibilità di concepimento.
Un aspetto di grande valore etico è costituito dalla preservazione della fertilità.
In Italia il cancro colpisce 8.000 cittadini sotto i 40 anni all’anno (5.000 donne e 3.000 uomini), si tratta di soggetti che potrebbero avere ancora figli ma che, ad oggi, solo in parte vengono avviati ad un percorso di preservazione della fertilità.
Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati almeno 30 nuovi casi di tumore in pazienti di età inferiore ai 40 anni, pari al 3% della casistica generale (stima AIRTUM 2012), con netta prevalenza per il sesso femminile.
La possibile comparsa di sterilità o d’infertilità secondaria ai trattamenti antiproliferativi e il disagio psicosociale ad essa correlato sono pertanto temi di importanza crescente, non solo in considerazione del miglioramento della prognosi nei pazienti oncologici di età pediatrica e giovanile, ma anche a causa dello spostamento in avanti dell’età della prima gravidanza. Nel caso di pazienti oncologici il desiderio di genitorialità si associa alla preoccupazione relativa alla prognosi oncologica ed al timore di possibili danni al feto, quale conseguenza tardiva dei trattamenti antitumorali ricevuti prima del concepimento.
In Toscana sono presenti attualmente 22 centri di PMA (8 dei quali pubblici), distinti in 7 centri di I livello (3 pubblici) e 15 di II e III livello (5 pubblici e 5 convenzionati) che, in base ai dati 2015 del Registro nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita, hanno erogato prestazioni rivolte a circa 800 pazienti (nel 65% circa dei casi provenienti da fuori regione), con un numero di cicli iniziali pari a 11.311, a cui sono seguite 2.113 gravidanze.
Nell’arco degli ultimi dieci anni, in Toscana il ricorso alla PMA ha registrato una crescita costante, passando dalle 3.000 pazienti (e 4.500 cicli iniziati) del 2006 alle 8.000 pazienti (e 11.000 cicli iniziati) del 2015. Ed è andato aumentando in maniera esponenziale il numero di pazienti provenienti da altre regioni: 500 sul totale di 3.000 nel 2006, 4.500 sul totale di 8.000 nel 2015.
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