Novità mondiale sulla Sindrome di Rett: scoperta alle Scotte, anomalia dei globuli rossi

Per la prima volta al mondo è stata scoperta a Siena un’anomalia nella forma dei globuli rossi nelle bambine con sindrome di Rett, grazie a un nuovo studio dei ricercatori senesi.
Si tratta di un importante passo avanti nello studio di questa malattia rara che colpisce quasi esclusivamente le bambine, caratterizzata da un grave disturbo dello sviluppo neurologico su base genetica con gravi anomalie polmonari e cardiache. Lo studio, finanziato dalla Regione Toscana e dalla Fondazione Toscana Life Sciences, è stato effettuato da un’équipe multidisciplinare del policlinico Santa Maria alle Scotte, con il neonatologo Claudio De Felice, lo pneumologo Marcello Rossi e il neuropsichiatra Joussef Hayek, insieme alla fisiopatologa Lucia Ciccoli e le ricercatrici Silvia Leoncini, Cinzia Signorini e Alessandra Pecorelli dell’Università di Siena. “I globuli rossi delle bambine Rett – spiega De Felice – dall’esame al microscopio elettronico risultano essere per il 95% di forma schiacciata e assottigliata invece che discoidale, come nei soggetti sani. L’anomalia di forma del globulo rosso, principale veicolo di ossigeno dell’organismo, è correlata a un aumento dello stress ossidativo della membrana e a un’anomalia degli
scambi respiratori polmonari con conseguente ridottao ssigenazione”. La ricerca, l’ultima di una serie di importanti scoperte sulla sindrome di Rett da parte del gruppo, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Biochimica Biophysica Acta. “Per ridurre lo stress ossidativo dei globuli rossi – conclude Hayek – alle pazienti sono stati somministrati acidi grassi polinsaturi omega-3, già da noi precedentemente utilizzati nella Rett con risultati positivi. Queste sostanze hanno normalizzato, anche se non completamente, la forma dei globuli rossi e ristabilito un normale scambio respiratorio e di ossigenazione del sangue. I risultati di questo studio confermano l’importanza dell’ipossia e dello stress ossidativo nei meccanismi che portano dalla mutazione del gene /MeCP2/ alla malattia e possono rappresentare un’importante base per terapie
mirate”.