La ricercatrice, docente di biologia applicata del Dipartimento di Medicina molecolare e dello sviluppo dell’Università di Siena, si è aggiudicata il Grant for Fertility Innovation 2016 (GFI) con uno studio dal titolo Exosomal Profile of the Receptive Endometrium: A source of non-invasive biomarkers for Guiding of a Successful Embryo Implantation
Aumentare le chances di avere un bambino per le coppie che non riescono ad avere figli. Questo è stato il tema centrale del 32° congresso Eshre (European society of human reproduction and embriology) che si è tenuto ad Helsinki il 5 luglio scorso. Nell’ambito della conferenza si è svolta la premiazione del Grant for Fertility Innovation 2016, che ha visto salire sul palco anche Paola Piomboni, ricercatrice dell’Università di Siena. Si tratta di un riconoscimento internazionale che viene consegnato ai ricercatori che ogni anno presentano i più innovativi progetti per il miglioramento dei risultati delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA).
Fra oltre 100 candidature provenienti da tutto il mondo, sei sono stati i progetti vincitori. Insieme alla ricercatrice dell’ateneo senese sono stati premiati anche Stephen Andrew Krawetz (USA), Lynne O’Shea (Irlanda), Qingling Yang (Cina), Ernest Hung Yu Ng e William Shu-biu Yeung (Hong Kong) e un altro italiano, il professor Fulvio Zullo dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. Tutti i progetti di ricerca hanno l’obiettivo di aumentare le possibilità di concepimento delle coppie e sono stati valutati anonimamente da una giuria di esperti. Valutazione che ha riguardato cinque diversi aspetti: capacità di aumentare la percentuale di nascite, innovatività della ricerca, il carattere razionale scientifico, realizzabilità e utilità pratica dello studio.
“Attraverso la ricerca che abbiamo proposto – spiega Paola Piomboni, responsabile del laboratorio del Centro di riproduzione assistita del policlinico Le Scotte – intendiamo caratterizzare delle particolari molecole presenti all’interno degli esosomi (piccole vescicole rilasciate dall’endometrio, ndr) di donne che devono ricevere l’impianto di un embrione in seguito all’utilizzo di tecniche di fecondazione assistita. L’obiettivo è quello di individuare il periodo di maggiore ricettività dell’endometrio. Attraverso una biopsia ‘liquida’ – indolore, realizzata attraverso l’analisi dei fluidi uterini – si potrà stabilire il periodo che offre le più alte possibilità di successo per l’impianto dell’embrione”.
Questo permetterà di risparmiare tempo, denaro e soprattutto stress per le pazienti, evitando di effettuare il transfer dell’embrione in un momento di bassa recettività. “Un aiuto in questo senso viene anche dalla crioconservazione, ossia dalla possibilità di ‘congelare’ l’embrione, consentendo di attendere l’arrivo del periodo più adatto per l’impianto”, aggiunge la ricercatrice senese.
Ogni studio riceverà inoltre un finanziamento in denaro suddiviso in tre tranches, ognuna delle quali sarà assegnata al raggiungimento di determinate fasi della ricerca, per una cifra complessiva di poco inferiore ai 200 mila euro. “Questa è davvero una buona notizia – conclude Piomboni – perché non è mai facile reperire fondi destinati alla ricerca, soprattutto se riguarda il campo dell’infertilità. È una questione che viene spesso sottostimata, mentre invece rappresenta un tema fondamentale sia per le donne direttamente coinvolte che per il rapporto di coppia. La riproduzione, come cerco di spiegare ai miei studenti, è una delle fasi fondamentali della vita e gioca un ruolo importante nella nostra esistenza”.
Giulio Mecattini