Aumentato del 228% in due anni il consumo di morfina per la terapia del dolore postoperatorio grazie ai nuovi protocolli usati dall’UOC Anestesia del policlinico Santa Maria alle Scotte, diretta da Pasquale D’Onofrio. Il servizio per il controllo del dolore acuto, chiamato APS – Acute Pain Service, è attivo da due anni e ha una struttura a gestione integrata medico-infermieristica che si avvale anche del contributo dei medici in formazione specialistica. “Il servizio – spiega D’Onofrio – si interessa del trattamento del dolore acuto post operatorio, in accordo con i protocolli di trattamento sviluppati dall’unità operativa di Anestesia, la cui adozione è stata condivisa con i chirurghi. Tali protocolli sono divisi in tre categorie sulla base del dolore atteso che è correlato all’invasività dell’atto chirurgico: dolore lieve-moderato, moderato-forte e forte-grave”. La verifica dell’efficacia di questi protocolli è stata oggetto di uno studio che ha messo a confronto, per l’anno 2010 e 2011, due campioni di pazienti, uno antecedente e uno successivo all’adozione dei protocolli, operati nelle chirurgie generali e specialistiche afferenti alla UOC di Anestesia. “Dall’analisi – prosegue D’Onofrio – è emersa una maggiore efficacia nel controllo del dolore post-operatorio per il campione che ha adottato i protocolli. Inoltre, si è registrato un significativo aumento del consumo annuale di morfina. Il trattamento ottimale del dolore post-operatorio può accelerare la ripresa globale del paziente con riduzione del periodo di degenza e delle complicanze post-operatorie. E’ oramai riconosciuto – conclude D’Onofrio – che il consumo di oppioidi e di morfina in particolare, costituisce l’indicatore più semplice ed efficace nel valutare la performance di tutto il sistema preposto alla lotta al dolore. In questo senso, l’aumento fatto registrare ci conforta sulla bontà della strada intrapresa e ci stimola a continuare, nella convinzione che il trattamento del dolore inutile, in ogni sua forma acuta o cronica, rappresenti non solo un atto di civiltà e un obbligo morale ma una strategia terapeutica, per evitare che il dolore da sintomo diventi malattia”.