Salute

Un dottorato in azienda, un’opportunità di crescita

La dottoressa Livia Mazzini racconta la propria esperienza in VisMederi, azienda dove sta svolgendo il dottorato di ricerca

Siamo abituati a pensare che i dottorati di ricerca possano essere svolti solo all’interno delle Università. Non è così, infatti c’è anche la possibilità di effettuarli in alcune aziende. VisMederi, società di ricerca e servizi qualificati che opera nel campo delle Scienze della Vita e della Sanità Pubblica, propone questa opportunità ai neolaureati. La dottoressa Livia Mazzini è una di questi.

Come funziona un dottorato in VisMederi?
«E’ un dottorato che viene svolto in azienda e non in università, quindi già in partenza si presenta leggermente diverso da quelli ordinari. E’ caratterizzato da un programma triennale per seguire un progetto di ricerca che poi possa permettere, alla fine dei tre anni, di poter sviluppare una tesi. Essendo quello che sto svolgendo un dottorato in azienda, qui in VisMederi ci sono altri compiti da svolgere e il team in cui sono coinvolta ha anche altre esigenze, oltre a quelle strettamente collegate alla ricerca. Ci vuole il giusto compromesso tra il dare una mano ai tuoi colleghi e l’impegno sul proprio progetto».

Di che cosa si occupa il suo progetto?
«Dello sviluppo e la standardizzazione di nuovi test influenzali. All’interno della VisMederi effettuiamo molti test sierologici per determinare l’immunogenicità dei vaccini contro l’influenza. Con gli anni, ne vengono sviluppati di nuovi o  sono resi più accurati quelli già esistenti. Lo scopo del mio dottorato è perciò lavorare o per migliorare i test già presenti in VisMederi o per cercare nuovi metodi per valutare i vaccini antinfluenzali».

Come si relaziona o come rendiconta all’Università di Siena?
«Ho un tutor universitario, che per l’appunto è il professore Emanuele Montomoli, e uno aziendale, che è Silvia Grappi. Per tutto quello che riguarda l’Università, devo fare riferimento al primo. Se devo, invece, chiedere un’autorizzazione per seguire una lezione o definire passaggi del mio progetto di ricerca, mi rivolgo alla seconda».

Qual è la differenza tra l’operare in un laboratorio di ricerca universitario o in uno aziendale?
«E’ la prima volta che mi occupo di questa tipologia di test. Precedentemente, ho frequentato i laboratori del policlinico di Siena per seguire la procreazione assistita e poi sono stata negli spazi di un altro ospedale. La strumentazione di laboratorio è sempre la solita, è ovvio che cambia lo scopo per cui viene usata. Possono essere differenti anche i materiali maneggiati. In azienda lavoriamo in qualità, quindi tutto quello che facciamo è controllato e registrato passo passo. I laboratori universitari, visto che non devono rendere conto all’esterno, sono leggermente diversi, pur estremamente sicuri. Altra differenza sta nel tempo di consegna delle analisi, dato che in VisMederi in molti casi dobbiamo interfacciarci con soggetti esterni e dare loro i risultati. Queste impellenze non riguardano, comunque, il mio progetto di dottorato».

Secondo lei, come potrebbe essere migliorata un’esperienza del genere?
«Ho iniziato da poco, non saprei dire cosa potrebbe essere migliorato. Fondamentale, secondo me, sarebbe cambiare un po’ la fase precedente, quella prettamente universitaria, magari sviluppando maggiormente l’insegnamento pratico. Nel mondo del lavoro, è il sapersi muovere in un laboratorio che conta: come si usa una centrifuga, come si maneggia una pipetta, come si lavora sotto cappa, eccetera. Queste sono cose fondamentali che dovrebbero essere insegnate con più attenzione a livello universitario».

Emilio Mariotti

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