Basket poetry
Ode a Daniel Hackett per la sua partenza da Siena
Per quanto tu pensi di assistere a un gioco
il basket è uno schema ordinato
di linee, trapezi, triangoli.
Due armate si affrontano e scontrano
con schemi segreti
studiati di notte nei bunker
e non è per un caso il taglio di un pivot
un play che sale o un’ala che scende.
All’attacco o in difesa
le due Armate si affrontano e scontrano
con temibili armi geometriche
e matematica spietata freddezza.
Due eserciti di soldati imperiali
della terza dinastia Ming
alti almeno due metri
in calzoncini e divise sfolgoranti
si muovono agli ordini di un coach-generale
che ha già disegnato sulla sua lavagnetta
il piano d’attacco al nemico
… e così è ogni volta
di partita in partita, di trincea in trincea
e ogni coppa e ogni campionato
è una guerra da vincere.
Poi ogni tanto
nel mezzo di questa impietosa battaglia
forse per capriccio
o forse per ricordare ai comuni mortali
che esiste anche l’arte e la bellezza
gli dei dell’Olimpo
inviano a sorpresa un poeta
un deus ex machina
che trasforma un’arida sfida sportiva
in pagine di letteratura.
Così Daniel Hackett
(dal nome senz’altro un folletto
fuggito dal sogno di shakespeare)
non è più di tanto interessato a quel gioco
il basket per lui è solo un pretesto
per scrivere versi e passi di danza.
Davanti a una teutonica massiccia difesa
incerta tra l’uomo e la zona
pur di mordere gambe e caviglie
lui scivola via lasciando sul parquet
la traccia di un endecasillabo
con l’ultimo accento sulla “e” di canestro.
Rimangono attoniti gli altri
che non si aspettavano di trovare
tra le pagine di un libro di trigonometria
rime, enjambements, quartine e sonetti.
Ma ecco che ancora riceve al centro la palla
potrebbe iniziare uno schema
attendere il taglio di un pivot
e invece dà il via
ad un passo di valzer, di samba, di tango
e la palla innamorata danza con lui
e lo segue fino all’inevitabile casché finale
quando lei docile e sensuale
si adagia proprio dentro al canestro.
Poi lo vedi in difesa impaziente
come un bambino senza giocattolo
e allora ruba la palla
come si ruba una merendina al compagno di banco
e via all’avventura.
Ora in contropiede potrebbe facilmente
travolgere lo sguarnito campo avversario
ma quand’è quasi giunto
alla linea che segna il confine del suolo nemico
si ferma a sorpresa
e il pubblico tutto trattiene il respiro
tutto si ferma
il pubblico sugli spalti
i giocatori dell’una e dell’altra sponda
gli arbitri e gli assistenti di gara
i cronometro sul tabellone si ferma
il tempo si ferma
nessuno respira
e in quest’attimo fuori dal tempo
sull’ accesa divisa di Hackett
all’improvviso appare un frac, un cappello a cilindro
e una bacchetta da prestigiatore
“Attenzione signori e signori… adesso farò sparire la palla!”
ooooplà… e la palla scompare davvero
e dal cappello a cilindro
riemerge una bianca colomba
che volteggia leggera nell’aria
e va subito a cercare la sua gabbia-canestro
… e sono ancora tre punti!
Poi eccolo ancora e ancora e ancora
che corre dovunque e comunque
imprendibile spiritello dei boschi
e gli uomini che cercano di fermarlo
sembrano immobili querce centenarie.
E lui fugge fugge fugge ancora
e vola via dal parquet
vola nel cielo sopra il palazzetto di cemento
vola sopra la città e le colline
impossibile fermarlo
i democratici dei dell’Olimpo
hanno deciso di regalare a tutti un po’ di poesia
“Non siate egoisti – hanno detto –
non potete tenerlo solo e per sempre per voi!”
Addio Daniel Hackett giocatore-poeta
folletto spuntato dal Sogno di Shakespeare
rimarranno per sempre
tra le linee di gioco e gli sponsor
del parquet bianco e verde
la tracce leggere delle tue poesie.
Francesco Burroni
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