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Gli sponsor principali delle società calcistiche. L’Italia mangia la polvere in Europa

Il calcio è business. Questo teorema confermato dalle dinamiche attuali dello sport più famoso e diffuso al mondo è difficilmente confutabile, anche perché è molto il denaro che ci gira attorno. Dall’Europa al Sudamerica, passando anche per gli Stati Uniti e l’Asia, ogni manifestazione calcistica porta dietro di sé non soltanto la passione dei tifosi e degli addetti ai lavori, ma anche ingenti fonti di guadagno e un giro di denaro non indifferente. Da oltre trent’anni, ossia da quegli anni ’80 che hanno cambiato per sempre il calcio attraverso l’esasperazione del marketing e le prime pubblicità, gli sponsor sono diventati parte integrante delle società calcistiche. Questo è avvenuto soprattutto in quanto lo sponsor stesso è la prima cosa che l’occhio umano nota sulla maglia delle squadre di calcio.

In quanti ricordano, infatti, le prime maglie di tante squadre italiane nelle quali imperava la scritta dello sponsor, come ad esempio quel “Mars” bianco sulla casacca azzurra del Napoli o il “Mediolanum” che campeggiava su quella rossonera del Milan. Da quel momento in poi, la rivoluzione economica e mediatica degli sponsor, in alcuni casi veri e propri foraggiatori dei club attraverso offerte astronomiche, ha cambiato completamente la concezione dello spazio disponibile sulle magliette, arrivando ad essere una priorità. Il caso dell’As Roma, che per anni non ha avuto un main sponsor da apporre in pieno petto, era uno dei pochi e da poco anche questo club ha stretto un accordo con Qatar Airways, precedentemente main sponsor del Fc Barcellona, che verserà nelle casse del club di Trigoria ben 40 milioni in 3 anni, tanto per dare un’idea delle cifre in ballo.

Attualmente, tuttavia, c’è una grossa differenza tra i proventi che arrivano dagli sponsor nel campionato italiano, ormai di seconda fascia, e quelli di primo livello, su tutti la Premier League britannica. Ciò sembra essere dovuto agli introiti non solo provenienti dagli investitori esteri e non, ma anche dai proventi che i club racimolano attraverso il merchandising, la vendita dei biglietti delle partite, le scommesse e sponsorizzazioni di grandi aziende e di siti si scommesse online. Nonostante le polemiche che questi ultimi accumolano, resta il fatto che attraggono ad un popolo che ama scommettere -per non menzionare le cifre depositati nel conto bancario del club. Riflette un po la stessa storia in Italia: ex-Presidente dell’Inter, Moratti rifiutava sponsorizazzioni di siti di scommesse. Nel 2017 comunque, bwin e stata nominata come la prima azienda di scommessa diventata partner ufficiale del club. Anche qui, si tratta un po di in paese che scommesse sul calcio piu di ogni altro sport online – ma non solo. Pare un po, che i soldi dopotutto profumano lo stesso. Ma adesso stiamo divagando un po…

Punto sta, che il Milan rescisse il proprio contratto di sponsorizazzione con Bwin nel 2010, un affare che iniettava nelle sue casse 10 milioni l’anno, in favore ad un accord con Fly Emirates che avrebbe sborsato ben 15 milioni a stagione. Sebbene con il recente accordo di cui sopra la Roma sia una delle più pagate d’Italia, il divario con i club più altolocati d’Europa è notevole e si riflette anche nei risultati calcistici continentali. Il Real Madrid, campione della Champions League per il terzo anno consecutivo, percepisce ogni stagione 32 milioni di euro netti dal suo main sponsor; dunque quel Fly Emirates che spopola ormai in vari club europei, dovrà presto adeguare il compenso al club campione d’Europa per non lasciarselo scappare.

In cima alla classifica delle società che ricevono maggiori entrate dagli sponsor vi è il Manchester United, allenato attualmente da José Mourinho. Sebbene sia da molto che non vince un trofeo di Premier League, la società di Manchester è storicamente quella con più seguito in Inghilterra e nel mondo, il che la rende molto internazionale. 71 sono i milioni di euro che l’azienda produttrice di auto Chevrolet, di capitale statunitense, sborsa per ogni annualità alla dirigenza dei Red Devils. Al secondo posto vi sono a pari merito il Barcellona e il Chelsea, le quali ricevono ognuna 55 milioni di euro l’anno rispettivamente da Rakuten, colosso giapponese dell’e-commerce, e da Yokohama, ditta nipponica di pneumatici. Si tratta di cifre ingenti che nemmeno colossi come Fly Emirates ed Etihad Airways riescono ad eguagliare, anche se presto si dovranno adeguare per una questione di movimento di mercato. Più si va avanti, più bisogna spendere, come ben dimostrano i premi in denaro che la UEFA, l’organismo del calcio professionistico europeo, elargisce a ogni squadra dopo ogni fase di Champions League ed Europa League.

L’Italia, tuttavia, è lontana anni luce da queste cifre. In primis perché gli investimenti riflettono l’andamento di un campionato ormai poco attraente a livello internazionale, che da ormai dieci anni sembra aver perso il fascino degli anni ’90 e 2000. In secondo luogo, nella Serie A il giro d’affari si è notevolmente ridotto, in special modo dopo che il Milan e l’Inter sono stati abbandonati da due grandi tycoon come Silvio Berlusconi e Massimo Moratti, che hanno dovuto tirare i remi in barca dopo aver capito che non potevano competere con le nuove proprietà provenienti da Stati Uniti, Cina ed Emirati Arabi.

La Juventus, principale club italiano per titoli e prestigio, prende 17 milioni l’anno da Fiat, che è comunque un’azienda legata ai proprietari del club, gli Agnelli, e si trova al dodicesimo posto della speciale classifica menzionata poc’anzi. A pari merito con la Juve si trova il Milan, che riceve la stessa cifra da parte di Fly Emirates, che sponsorizza anche il Real Madrid e il Paris Saint Germain. L’Inter, che è riuscita ad ottenere la qualificazione alla Champions League all’ultimo respiro, viene invece sponsorizzata da Pirelli, che ogni anno sborsa 12 milioni. Si tratta, insomma, di numeri eloquenti che indicano come la situazione finanziaria della Serie A non sia al passo coi tempi e con gli introiti di altri campionati. Stiamo parlando dell’ennesima mancanza di un campionato che ha perso il suo prestigio e, senza stadi di proprietà, si ritrova a giocare un ruolo secondario nello scenario del calcio europeo, dove ormai a contare sono gli investimenti e i progetti finanziari, prima ancora che i risultati veri e propri.

 

Francesco Laezza

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