Si è svolta mercoledì a Roma la riunione delle società della Divisione Calcio Femminile. L’occasione è servita al Commissario Straordinario, nonché presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Carlo Tavecchio, per fare ampia relazione sull’andamento della gestione commissariale.
Attraverso un proficuo confronto sono emerse diverse criticità afferenti la gestione dei sodalizi iscritti ai campionati nazionali di Calcio Femminile che Tavecchio si è proposto di presentare quanto prima all’attenzione del presidente Figc Giancarlo Abete, al fine di accelerare la riforma statutaria da più parti ritenuta come ineludibile. La totalità delle società intervenute (38 presenze) ha ribadito con forza, infatti, l’urgenza di trasformare l’attuale Divisione in un Dipartimento della LND, per consentire al presidente Tavecchio di attuare, nell’interesse del calcio femminile, quegli investimenti e quelle riforme necessarie al rilancio di questo importante settore del calcio italiano.
Tavecchio ha ribadito la massima vicinanza ed il pieno sostegno della Lega Nazionale Dilettanti al calcio femminile, individuando in una percentuale della mutualità dei diritti tv spettante alla LND le risorse da immettere nel sistema per realizzare in concreto quei progetti che consentano al calcio in rosa di aumentare il proprio bacino di riferimento. Tra gli argomenti trattati, inoltre, è stato posto l’accento sul rapporto con il Club Italia per una migliore e più integrata gestione delle calciatrici, affinchè non si verifichino più lunghe e numerose soste che spezzano il ritmo del campionato, e sulla necessità di aprire quanto prima, come Lega Nazionale Dilettanti, un confronto con il Governo, attraverso il competente Ministero dello Sport, per discutere di sostegno concreto allo sport dilettantistico, in tutte le sue forme.
Sulla stessa lunghezza d’onda del resto del movimento dilettantistico con il presidente Tavecchio in prima fila, le società di calcio femminile si sono schierate a difesa dell’art. 90 della Legge 289 del 2002, cioè di quella norma che istituisce il tetto dei 200 mila euro annui per la pubblicità integralmente deducibili, oggi messa in discussione dalla sentenza della Corte di Cassazione (n.3433/2012) secondo la quale le spese di rappresentanza contribuiscono ad accrescere l’immagine ed il prestigio dell’impresa rendendole quindi assimilabili alle spese di pubblicità.
Su questo punto Tavecchio è stato molto rigido: “Chiediamo con forza a tutti gli organismi competenti che, nel rispetto e nella consapevolezza di cosa rappresenta in termini sociali il movimento sportivo dilettantistico in generale, e quello calcistico in particolare, questo non venga definitivamente affossato e sepolto da presunzioni ed interpretazioni normative che, a volte, difettano di giudizio per colpa di pochi trasgressori”.