di Claudio Pea
Forse ero ancora un po’ assonnato, ma stamattina presto, si fa per dire, più o meno intorno a mezzogiorno, c’era a Siena la sfilata d’auto d’epoca e su una Torpedo blu mi è parso di vedere Don Gel che canticchiava (stonando) “E’ cambiato il vento” o un ritornello del genere. Mi sono allora stropicciato gli occhi ed effettivamente mi ero sbagliato: non Don Gel ma Don Backy era al volante della macchina tanto cara a Giorgio Gaber. Come no?: sì proprio lui, quello del clan di Celentano, quello che dipinge anche quadri come la mia pornostar preferita, Vittoria Risi da Pellestrina, quello di “ancora una volta ho rimasto solo”. La solita routine: un bicchiere di latte freddo con due caffè, la prima Marlborina del giorno, ma non ditelo alla Tigre che altrimenti m’ammazza, la mazzetta dei giornali, “massì, mi dia anche la Nazione e già che c’è pure lo Svegliarino di Forlì” dove Gianni Brera diceva che scriveva Marino Bartoletti. Due euro e 50 per il biberon e due euro e 40 spesi bene anche per i due quotidiani. Visto che sul primo ho letto un pezzo interessante, siglato “R.S.” ovvero – credo – “redazione sportiva”, nel quale rammentava anche a me che Don Gel non è nuovo a sparate del genere.
Già lo fece ai tempi in cui allenava il Real Madrid contro il Barcellona nella quarta finale in casa dei playoff del 2000, ovviamente persa per colpa dei fischietti filocatalani, e ancora tre anni fa quando alla guida del Khimki, che poi lo esonerò, denunciò di nuovo il sistema e gli arbitri, stavolta russi, che sfacciatamente a parer suo favorivano il Cska di Mosca. Sullo Svegliarino di Forlì invece ha riproposto quello che va dicendo ossessivamente tutti i giorni ormai da tre mesi a questa parte. Tanto che al mercatino dell’antiquariato e dell’usato di Porta Portese devi stare molto attento perché ormai ti tirano dietro la collezione d’interviste di Don Gel e un disco a 33 giri, pur vecchio e rotto, ti può sempre far male specie se te lo becchi diritto tra gli occhi.
Povero il mio Sergino, sono sinceramente preoccupato per lui e non tanto perché stavolta il procuratore federale Alabisio, che l’ha riconvocato assieme al presidente Proli, non potrà una seconda volta fare il Ponzio Pilato e archiviare il caso, quanto perché gli amici del Bar del Lambro, frequentatissimo dalla Banda Osiris, mi dicono che, se domandi a Don Gel che tempo che fa, lui ti risponde: “A Siena piove, è girato il vento e sta per arrivare la tempesta”. Ma va? O kappa, lo si è capito, ma cosa ti va di mangiare? E lui: “Fate un po’ voi: magari due o tre ricciarelli o del panforte o dei cantucci. L’importante è che siano rancidi come l’aria che si respira nel nostro basket” e avanti con la solita tiritera già sentita in tutte le lingue, dallo spagnolo al russo, e in tutte le salse, dal Corriere della sera allo Svegliarino di Forlì. Dio mio, che palle! Io credo che abbia sfinito anche Proli e persino il buon Limardi che, iscrittosi in fretta e furia alla Banda Osiris, dopo essere stato l’ultimo direttore di SuperBasket che nemmeno Din Don era riuscito nell’impresa di far chiudere, non pensava che fosse poi così difficile lavorare alla corte dei miracoli di Milano e fare da tutore a Don Gel che, purtroppo, ahimè, non c’è ragione al mondo per cui lo stia a sentire. La nuova strategia di Limardi, di cui si parla molto al Bar del Lambro, sarebbe infatti quella di smetterla con la solfa degli “arbitraggi strani” che ha stufato persino Cicorino Cicoria e Lamonica, i più amati dalla Banda Osiris, e piuttosto d’attaccare Siena seminando zizzania tra Minucci e Pianigiani e buttando là magari che i due siano ormai ai ferri corti.
Seriamente anche questa è un’altra balla colossale: ve lo posso giurare sui miei figlioli. Come quella messa in giro ad arte lo scorso autunno dallo stesso Limardi (e soci vari) secondo il quale avrei preso il suo posto alla direzione del glorioso settimanale fondato da Aldo Giordani. Sì io, proprio io, che sarò anche un cane, forse da tartufo, ma sciolto e servo di nessuno. E che comunque non avrei mai aperto il primo numero di questo campionato con un’ intervista a Livio Proli, che nella passata stagione con la sua squadra aveva ottenuto il peggior risultato degli ultimi tre anni, ma senz’altro a Ferdinando Minucci, che ha vinto gli ultimi cinque scudetti di fila, o, tanto per cambiare, alla Cremascoli che mi ricorda tanto un personaggio dei fumetti di cui adesso non mi viene il nome. A meno che, tornando a Limardi, non fossi (già) in cerca di lavoro. Stasera secondo giro dei quarti di finale dei playoff. Altro giro, altra corsa? Staremo a vedere. Il dubbio che, a parte la sfida tra Sassari e Bologna, non ci sia storia e allora perché allungare la serie al meglio delle sette partite come sarà nella prossima stagione? Mistero. Di certo non l’hanno votata in Lega né Minucci, né Proli, né la Cremascoli, che si sono difatti astenuti, ma i piccoli club per un incasso in più però col rischio di rimediare un’altra gratuita magra figura come hanno fatto giovedì e ieri Varese e Venezia a Siena e Milano. E pure la Scavolini, sotto 25-5 con Cantù, sembrava aver infilato la stessa china se Hackett non si fosse svegliato, eccome, e i compagni non gli fossero andati dietro sino al meno 4 quando – ma questo l’ho visto solo io perché non sono cieco – Cerebuch si è messo il fischietto in tasca e la Bennet ha portato in porto la vittoria. Così come non ha senso che Varese abbia scaricato Recalcati o che Cantù abbia emarginato Fratel Arrigoni o che la Rai abbia preferito Gresta a Caja come opinionista. Ma di questo avremo tempo presto di parlarne a patto che davanti alla tivù non abbiate con Fanelli già preso sonno.