di Claudio Pea
“Vae victis!” pare abbia urlato Brenno, capo dei Galli, ai romani sconfitti, umiliati e occupati nel 390 avanti Cristo, anno più anno meno. Ora non so se Brenno avesse studiato il latino e se avesse fatto la terza media. Probabilmente no come molti papponi che si pavoneggiano nel nostro basket, ma di sicuro potrebbe ancor oggi aiutare Paolo Bartezzaghi, timido redattore della Gazzetta, a risolvere le parole crociate, oltre tutto facilitate, che tempo fa il fratello Alessandro, ben noto tra gli appassionati d’enigmistica, gli aveva preparato per fargli fare bella figura in questo nostro mondo, che lui per altro conosce molto poco, e sulle quali invece ha perso il sonno perché s’è incagliato alla 13 verticale di quattro o al massimo cinque lettere: “Chi vincerà il campionato di pallacanestro 2012-2013?” non sapendo più come venirne fuori. I suoi capi in Gazzetta gli avevano infatti suggerito Milano o Varese, ma Milano prima e Varese poi hanno sei lettere. E difatti sono già state eliminate dalla Montepaschi. Mannaggia! Intanto Cecco Vescovi ha quasi strangolato un ragazzo senese e Bartezzaghi non se n’è manco accorto. S’è però indignato per le trombette mensanine, come ieri un altro sconfitto eccellente, il vicedirettore Franco Arturi che almeno si chiamasse Arcuri e fosse parente di quella gran gnocca della Manuela. E invece niente. C’è tuttavia una Giulia Arturi che mi dicono sia sua figlia e giochi playmaker nella Geas gemellata, guarda caso, all’Armani. Che nel frattempo ha mandato a spasso tutti gli allenatori salvo Mario Fioretti che, poveretto, sabato sera al Lido di Jesolo aveva la febbre e per questo se ne è dovuto tornare anche lui precipitosamente a casa. Come Pinocchietto Rossini e tutti i preparatori, i medici e i magazzinieri dell’Armani. Del resto solo di loro è stata la colpa se Milano quest’anno è sempre uscita di scena al primo turno in EuroLega, in Coppa Italia e nei playoff. O mi sbaglio?
“Guai ai vinti!” gridò Brenno sul Campidoglio e anch’io, come il terribile gallo, sfodero la mia spada, che è tagliente e assai pesante, e la getto sul piatto dei pesi per bilanciare il fango delle insopportabili calunnie e delle offese gratuite che gli sconfitti hanno scaricato addosso alla Montepaschi dalla primavera scorsa. Cominciando dal Livido Proli, per bocca di Don Gel Scariolo, e continuando con la triplice e grottesca alleanza di Milano a braccetto di Cantù e Varese. Ma si può? Tutti contro Siena. Arbitri compresi. Con il sostegno di certa stampa longobarda in malafede e prezzolata. E tutto per impedire alla Montepaschi di vincere il settimo scudetto di fila nonostante un brusco e drastico taglio al budget e alla rinuncia obbligata di ben nove campioni d’Italia su dodici. Pianigiani che va in Turchia portandosi appresso i pezzi da novanta McCalebb e Andersen. Con Banchi debuttante al quale messer Minucci può solo riconfermare Moss, Carraretto e Ress. Più volte i siti, le radio e le tivù, anche quelle di Stato, che la danno per morta, sepolta e oltre la frutta, ben dopo il dessert, il caffè e il bicchierino della staffa. E invece, mi spiace, ma ogni volta Siena è resuscitata e la Lega longobarda è andata via via giù di testa. Sino a perdere il controllo e accusare con Proli e Vescovi il popolo mensanino d’inciviltà o peggio. Ora che nella città delle contrade non tutti siano stinchi di santo o che non sappiano ferire di lingua, questo è strascontato. Però alla fin fine se ci fate caso, e non siete sfacciatamente di parte come la Gazzetta nei confronti di Milano-Varese-e-Cantù, dovrete ammettere che la società ha digerito oltre un anno d’insulti meglio di un fachiro che a pranzo e a cena ingoia chiodi e sassi, mentre al massimo i tifosi di Siena si sono sfogati con le trombette che, se fanno tanto male ai timpani di Chiabotti, vorrà dire che organizzerò una colletta tra i tromba-amici per regalargli dei tappi d’oro da infilare nelle orecchie o delle cuffiette con la musica della Banda Osiris che più gradisce. A patto però che riconosca che il gesto dell’ombrello al pubblico con l’indice alzato l’ha fatto Frank Vitucci. Che per me da quel dì è diventato Mortucci e l’ho cancellato. Anche se lascerà in braghe di tela Vescovi e tornerà ad allenare ad Avellino per 25 mila euro al mese e al netto delle spese. Intanto io me ne vo a Este dal mio amico cardiologo per dare un’altra aggiustatina al cuore che continua a fare i capricci. Ma se pensate che ci lasci le cuoia, siete dei poveri illusi. Difatti mi sono di conforto due care locuzioni latine. Una dice “Vae Victis”. E l’altra “Mors tua vita Pea”. Tenetevelo bene a mente. E arrivederci a presto.