di Claudio Pea
Mi meriterei il Pulitzer perché sono stato il primo al mondo, e per ora l’unico nel Belpaese, ad aver scritto che Danilo Gallinari è un bel bluff. E, se non è un bluff, non è di sicuro una superstar come vi vanno gonfiando la testa da anni quelli della Banda Osiris o della Banda del Lambro o più semplicemente di Sky. E’ una bella macchina da soldi: questo sì. Che suo padre Vittorio sa far funzionare alla meraviglia se è vero che contrattualmente ora vale 42 milioni di dollari. E sarà anche il miglior giocatore italiano, ammesso e non concesso che non lo sia il Mago Bargnani, ma questo non significa niente: anche un albero di carrube nel deserto è manna se ti sei perso tra le dune e non mangi da giorni e giorni. Tutto è relativo: l’ha detto anche Einstein se non sbaglio.
Anche Poeta è un fior di playmaker se non c’è niente di meglio in giro e le alternative in nazionale sono Cinciarini o Giachetti o De Nicolao. Anche Proli è uno stimatissimo dirigente nel mondo della moda, ma di strategie cestistiche contro Siena, despota e tiranna, forse ne capisce più il mio fruttivendolo sotto casa. Per carità, sono tutti bravi figlioli. Uno più bravo dell’altro. Ma Minucci gli è di almeno dieci spanne superiore. O come Scariolo che sarà anche il primo allenatore di Spagna e d’Europa, ma in Italia non lo trovi in nessuna delle dita delle mie mani avendo quest’anno fatto meno bene nell’ordine di Pianigiani, Caja, Sacchetti, Dalmonte, Mazzon, Recalcati, Finelli, Ramagli, Djordjevic e Trinchieri. Escludendo dai top-dieci Vitucci anche se non se lo meriterebbe perché altrimenti Gas Gas avrebbe ragione da vendere ad essere pervicacemente incazzato con me. O no?
Cilindro Montanelli diceva che se in un articolo non fai arrabbiare nessuno forse è meglio che lo butti e ne scrivi un altro. Perfetto. Difatti questo rischio di sicuro io non lo corro e mai, spero, lo correrò. Ma poi non devo neanche lamentarmi se non vinco il Pulitzer e nemmeno la Coppa Fragola o del Nonno. Pazienza. Pazienza un corno. In effetti vivrei così bene se parlassi bene di tutti e magari scrivessi che da domani i playoff sulla Rai non si potranno perdere. O dessi 7 e mezzo in pagella al campionato dell’Armani come ha fatto la Gazzetta dimenticandomi che quest’inverno la squadra di Scariolo con il budget più alto d’Italia ha perso con quasi tutti. Persino con Cremona, Teramo e Biella! Ma è più forte di me e proprio non riuscirei mai a scrivere che il rendimento di Gallinari nelle sette gare dei playoff di Denver contro i Lakers è stato “al di sotto delle attese”. Ma quali attese? D’accordo, anch’io mi sarei aspettato un po’ meglio di tre miseri punti e di un disastroso 1 su 9 al tiro dalla partita più importante della sua carriera, però mi sarei anche chiesto: non sarà che abbiamo un po’ tutti sopravvalutato il Gallo e che invece anche il migliore tra i peggiori dei nostri giocatori non vada semmai inserito nella lista dei perdenti di successo che è lunga almeno tanto quanto la sgradevole storia che da mesi, ogni due per tre, tira fuori Sergino Scariolo contro Siena?
La scorsa settimana avevo accolto con enfasi (e piacere) il ritorno di Claudio Limardi sulla scena sottolineando che l’arrivo del caro collega a Milano fosse l’acquisto più azzeccato di Proli da quando è presidente dell’Armani. Ma come ho cambiato in fretta parere sul Conte Antonio che non mi avevano descritto da Siena così eccezionalmente bravo e preparato, potrei fare la stessa cosa per Limardi e cioè, cospargendomi il capo di cenere, al contrario subito pentirmi d’aver per una volta parlato bene di un livornese pure lui finito come Acciuga Allegri alla corte milanese. Difatti mi sarei aspettato che almeno lui nella sua nuova mansione di pierre esordisse convincendo Scariolo di dare un taglio alle accuse infondate che da tempo il cittì di Spagna muove alla Montepaschi senza risparmiare Pianigiani. E invece ecco sulla Stampa di sabato un altro articolo infamante e l’ennesimo attacco frontale a Siena che emerge anche dal titolo virgolettato (“Mi aspetto chiarezza dai giudici”) nel quale l’allusione a baskettopoli è chiara come la mancanza assoluta di uno straccio di prova e l’abbondanza spropositata di malafede. Di nuovo Scariolo tira il sasso: “Il processo di Reggio Calabria sulla corruzione degli arbitri nelle serie minori fornirà un quadro più preciso dello spessore morale di personaggi importanti della pallacanestro italiana”. E poi nasconde il braccio dietro la schiena come già fece nella ridicola inchiesta federale nella quale al giudice che gli chiese di fare nome e cognomi il nostro eroe rispose: “Sono solo voci raccolte al bar” e non ebbe nemmeno il coraggio di rivelare quale bar. Forse quello frequentato dalla Banda Osiris o dalla nuova Lega longobarda (Milano-Cantù-Varese) sulla quale piuttosto bisognerebbe sul serio cominciare ad indagare? Io lo farò, promesso. Anche dovessi scrivere durante i playoff un giorno sì e uno no. O quasi. Visto che sconfiggere la mia pigrizia è una guerra più grande della tempesta nel bicchiere d’acqua calda di Gel Scariolo.