Mors tua vita Pea: le favole che si beve Giorgio Armani

di Claudio Pea

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Una volta Pio era il gettonatissimo bove di Giosuè Carducci che tutte le bambine e i bambini d’Italia conoscevano a memoria. “T’amo pio bove: e mite un sentimento di vigore e di pace al cor m’infondi”. Da quest’estate invece il Pio che va come il pane è il pulcino di Radio Globo. Al punto che la filastrocca, nata dall’uovo della Vecchia Fattoria del Quartetto Cetra, è finita persino nella soneria del cellulare di Livio Proli che va matto per le favole che gli racconta Don Gel e fa bere anche a Giorgio Armani. L’ultima: “Il nostro obiettivo è battere Siena, non le top 16 di Eurolega”. Ma da un paio di giorni siamo tutti salvi, io per primo: se mia madre infatti mi avesse chiamato Pio, immaginatevi le risate: Pio Pea. E le infinite prese per i fondelli. Adesso invece è nata Pia, nera come il carbone e come suo padre, Mario Balotelli, che in poche ore è diventata molto più popolare del Papa Nero dei Pitura Freska e forse anche di Nelson Mandela, il preferito con Michael Jordan di Angelo Ogbonna. Però anche la Fico: benedetta ragazza, non poteva trovargli un altro nome? Pia Fico è invece proprio bruttino. Anche peggio di Pio Pea. Meglio allora Pia Balotelli. Anche se col caratteraccio che ha il padre mi è difficile immaginare Pia sui banchi delle elementari zitta e buona che non tira le freccette in fronte al maestro.

Sto vaneggiando, ma non dovete farci troppo caso. Se è per questo, anche di tanto in tanto nitrisco. Del resto ho avuto per tre giorni una febbre da cavallo e da sette sono chiuso in casa come il cane da guardia di Silvio. E non ho nemmeno la Santanchè che mi rimbocca le coperte quando tossisco e fuori nevica. Influenza e bronchite: un bel cocktail di stagione, tachipirina e caipirinha, ma non morirò se è questo il vostro desiderio. Sepolto dalle mie scartoffie, prigioniero delle tivù e dei giornali, mi è dolce il delirio. Ho letto di una conferenza-stampa di Andrea Mazzon al quale era proibito fare domande. Oh sì, come no: è tutta e solo colpa dei giornalisti veneziani, arlecchini e somari, se l’opulenta Reyer è penultima in classifica. Difatti è poi riuscita a perdere persino a Cremona, ma intanto Gigetto Brugnaro è tornato dal Brasile e deciderà lui, dalla prima fila del parterre, i cambi e le difese per confondere domani le idee a Alex Finelli. Ho sentito che Anna Cremascoli s’è lamentata assai del suo allenatore dopo la vergogna di Caserta: “I soldi per comprare il playmaker li ho, ma nessun play sembra andar più bene a Trinchieri”. Ora la presidentessa di Cantù deve sapere che il suo GasGas era così anche sui banchi delle medie: saltava infatti l’ora di religione perché non gli piaceva parlare sempre di sé. Proprio come il suo compagno di merenda, Flavio Tranquillo. Ma questo non se lo ricorda più nessuno. Se non un idiota con 40 di febbre.

Ho visto che Livio Proli ha finalmente usato il pugno di ferro coi suoi fannulloni spedendoli in ritiro punitivo. Ma dove? All’albergo Edelweiss in Valmalenco pensavo: letti a castello e toilette in fondo al corridoio a destra, sacco a pelo e cucina alla buona. Quando ci vuole, ci vuole. E invece ha scelto per la sua truppa svogliata e stanca un paio di hotel di lusso a quattro e a cinque stelle nell’hinterland milanese: pranzo servito in camera e cena all’undicesimo piano, sauna e spa, piscina e massaggi, musica e champagne. Ed è qui che mi sono davvero arrabbiato perché, quando ho timidamente buttato là: “Piacerebbe pure a me un ritiro punitivo così, fosse anche una singola senza Tigre”, mi hanno coperto d’insulti: “Per noi tu sei peggio della peste bubbonica. E poi con quella tosse avresti svegliato Fotsis e Hendrix che dormono da quattro settimane”. D’accordo. Sarò anche peggio del colera, però adesso che Giorgio Armani dice le stesse cose che io vado dicendo da mesi, lui ha aperto finalmente gli occhi sui suoi buoni a niente, esclusi dalle Top 16 e forse anche dalla Coppa Italia, mentre io continuo a delirare. Già. E se sussurro ad un orecchio a Nando Gentile: “Attento, stai anche tu rovinando tuo figlio”, sono gentilmente – è ovvio – invitato ad andare ancora a quel paese…