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Mors tua vita Pea: non fu vera gloria di Claudio Pea

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Mi ci è voluto un po’ di tempo. Addirittura un mese. Ma dovevate avere solo un po’ di pazienza. Prima o poi, tranquilli, ci arrivo anch’io. Come il treno merci di Babbo Natale dalla Siberia. Ve lo potrebbe benissimo confermare l’insegnante di educazione fisica delle scuole medie che non era Tonino Zorzi, ma un complessato più di Cassano. “Hai finalmente capito, caro Pea, – mi chiese un giorno di gennaio sull’orlo di una probabile crisi di nervi – come si salta la cavallina senza che ti spappoli ogni volta i coglioni?”. Che per la verità allora si chiamavano testicoli o, più elegantemente, zebedei. “Sì, professore”, risposi giulivo con un filo di voce o, meglio, con la stessa voce bianca dello sventurato coro degli Angeli controvoglia. “Okay. Così possiamo passare al prossimo esercizio: l’arrampicata sulla fune. Pensi, Pea, di potercela fare senza romperti pure l’osso sacro?”. Che adesso si chiama sedere o, più comunemente, culo. Beh, non ci crederete, ma dopo averci provato e riprovato per settimane e settimane, ed essere finito almeno quarantaquattro volte al pronto soccorso, prima di Pasqua ce la feci ad arrivare in cima alla fune. E fu festa grande. Tanto che mia madre, che ne capiva dei miei gusti giovanili ancor meno di quanto se ne intende oggi di pallacanestro Giorgio Armani, mi regalò un enorme uovo di cioccolato con la sorpresa della foto di Cicciobello Tranquillo poppante che giocava con la lavagnetta magica insieme a Federico Buffa e a Ettore Messina. E già s’incazzava se quei due poveracci non gli davano sempre ragione.
Faccio ancora un paio di digressioni e poi vi spiego perché mi ci è voluto un mese ma alla fine sono arrivato a capire certe cose. E’ inutile che il computer mi sottolinei in rosso la parola “zebedei” come un errore. Mi è di conforto lo stesso Nicola Zingarelli : “Rompere gli zebedei: seccare, annoiare”. E quindi non annoiatemi più con le telecronache di Dembinsky, o di come cavolo si scrive, non lo imparerò mai: mi va benissimo Maurizio Fanelli che perfettamente si completa con l’arguto Stefano Michelini senza dover per forza scimmiottare Cicciobello o strillare come fa adesso anche il mio amico Niccolò Trigari. Il quale per carità non gufa Siena come la Banda Osiris o Denbynski, o come cavolo si chiama, ma neanche può farmi due zebedei così quando parla dei miracoli dello spassosissimo GasGas Trinchieri perché, piaccia o non piaccia, Cantù ha vinto in Europa una partita ogni quattro e in Italia ha già 6 punti meno di Varese ed è distante 4 da Sassari. Lo so che è presto per assegnare il titolo d’allenatore dell’anno 2012-13, anche se la mia Tigre ha già fatto l’albero di Natale e da qui a maggio ne possono ancora succedere di tutti i colori, ma sono pronto a giocarmi già l’osso del collo, dopo quello sacro, che sarà il mio compaesano Frank Vitucci a vincerlo. Meritatamente, mi verrebbe da aggiungere, e ne sarò anche molto felice, però dovrete prima sempre spiegarmi perché ce l’avete tanto con la Montepaschi e i suoi allenatori dal momento che Simone Pianigiani ha conquistato sei campionati di fila, ed è stato considerato il numero uno una volta per sbaglio, mentre Luca Banchi solo nell’ultimo mese ha già fatto meglio di tutti, sì anche di Vitucci, è bravissimo e nessuno se ne è ancora accorto. Chissà mai per quale ragione.
Se volete ve la spiego io in meno di trenta secondi. Semplicemente perché si fa una fatica esagerata ad ammettere che Ferdinando Minucci ha indovinato un’altra rivoluzione sbagliando poco o niente, la scelta di Kasun e al massimo quella di Kemp, ma centrando tutto il resto. Cominciando da Banchi. Nonostante quest’anno non avesse molti soldi da spendere e un budget ridotto a meno della metà del precedente, nonché quattro-cinque volte inferiore a quello di Proli. Eppure il 6 novembre scorso la gazzetta, andatevela per favore a rileggere, celebrò la vittoria dell’Armani su Siena come la caduta degli dei e con un titolo che adesso fa sorridere: “Milano riscrive la storia e diventa padrona”. Ma fu vera gloria? Nooo. Io magari ci avrò anche messo quasi un mese a capirlo, ma alla fine ci sono arrivato prima delle gazzette e ora tutto mi pare chiaro e scontato: Siena perse quella partita perché in caso contrario avrebbero licenziato Don Gel Scariolo. E questo non dovrà mai succedere. Altrimenti Giorgio Armani potrebbe sul serio finalmente vincere uno scudetto.
Katiuscia Vaselli

Nata nel cuore di Siena, giornalista e contradaiola fervente. Ora Capo-redattorice di Siena News e Presidentessa di Dinamo Digitale.

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Katiuscia Vaselli

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