Probabilmente me lo sono solo sognato, però non è proprio campato in aria che Simone Pianigiani prima o poi, presto o tardi, a giorni o a mesi, alleni l’Armani.
E perché non subito? Già, perché no? Perché intanto Sergio Scariolo non ha ancora dato le dimissioni, anche se gliele ha suggerite persino Sandro Gamba e Livio Proli non gliele ha inspiegabilmente ancora chieste. E poi perché non è di certo semplice convincere il mio Nazareno a prendere al volo una squadra che non ha né capo né coda, né cuore né orgoglio, né difesa né attacco, quando a settembre potrebbe cavalcarne un’altra costruita a sua immagine e somiglianza senza gli attuali tirapiedi ellenici e i tirapacchi italici, i senza palle e i senza scusanti, i fricchettoni e i pelandroni, gli egoisti e i vanesi, i Gentile e i Bremer, tanto per non far nomi, di cui lo stesso Proli ne ha da un pezzo le scatole piene. Già, chi glielo fa fare? L’anno prossimo le possibilità del resto che Milano vinca lo scudetto sono molto ma molto superiori: da una a cento, non meno di novantanove. Non fosse altro perché la grave crisi economica indebolirà ulteriormente tutte le sue rivali. Cominciando dalla Montepaschi e continuando con Cantù che già ha liquidato Markoisvili e presto lo farà anche con Gas Gas. Mentre a Giorgio Armani, che vuole trasformare l’Admiralty Arch di Londra, tra il Mall e Trafalgar Square, in un altro hotel della sua lussuosissima catena per una spesa intorno ai cento milioni di sterline, non mancheranno di certo gli spiccioli per abbattere il castello dei fantasmi di carta e costruire ex novo la sua cara squadra di basket.
Non chiedetemi adesso quanti euro sono (o siano) 100.000.000 di lire sterline. Però a occhio e croce, penny più penny meno, credo che con un decimo di questa cifra da urlo si possa comunque mettere in cassaforte il prossimo scudetto. Se invece mi domandate cosa farei io al posto di Pianigiani, ve lo dico senza il minimo calcolo e senza pensarci sopra mezzo secondo: accetterei la sfida e firmerei subito per Milano. Non fosse altro per togliermi il prurito di vedere il mio storico nemico, che ha cercato di sputtanarmi sei splendidi scudetti e che non mi ha stretto neanche la mano, far le valigie e tornarsene domani in Spagna con la coda tra le gambe e la sacca da golf in spalla. Ma per fortuna di Varese o Sassari o, perché no?, di Roma o Siena, Simone ha la testa sul collo e, quando non l’ha sul collo, ce l’ha sulla nazionale. Dalla quale ci si aspetta chissà cosa solo perché l’estate scorsa ha battuto due volte turchi, cechi e portoghesi, o perché è tornato sulla plancia di comando Giannino Petrucci. A settembre sarà tutta un’altra musica con i russi e i greci pur allenati da Gas Gas Trinchieri. E Gentile e Bellinelli di nuovo tra i piedi. Quanto al nostro buon Giannino, non gli chiedo di far canestro in Slovenia al posto di Coniglietto Aradori che proprio non c’è riuscito lunedì a Siena, ma almeno di smentire subito i rumors che arrivano dalla capitale e che vogliono Ettore Messina ancora in sella all’Italia dell’ex presidente del Coni.
Non sento l’amato cittì da San Silvestro, quando Simone era ancora al di là del Bosforo e ho avvertito i primi turbamenti di un uomo che a qualsiasi costo voleva farsi piacere un’avventura troppo lontana da quella senese per entusiasmarlo, ma non glielo ho detto per non gettare altra benzina sul fuoco (fatuo?). Così come gli ho taciuto di una Milano, insoddisfatta di Don Gel, che già si guardava intorno e aveva ripensato a lui per il futuro. Ma lo risentirò per gli auguri pasquali e di sicuro, conoscendolo, mi sorriderà al telefono chiedendomi cosa mi sono sognato di scrivere. Beh, se l’ho scritto, gli risponderò, è perché se tutti pensano che la Milano di Scariolo può comunque ancora vincere lo scudetto nel campionato più mediocre della storia dell’ultimo millennio del basket italico, io sono più convinto semmai di un’altra cosa. E cioè che, se Pianigiani si sognasse di mettere subito le mani sulle rovine dell’Armani, cominciando dal rompere tutti gli specchi nei quali si mirano da mesi i superboni di Milano, allora sì che avrei la certezza del nome del club che a giugno si cucirà al petto il tricolore. Ma anche capisco Proli che non può fare adesso una rivoluzione che ha già programmato per la prossima estate. Né me la sento di forzare ora la mano al figlio della Lupa al quale già costerà moltissimo superare prima o poi l’imbarazzo d’andare ad allenare la squadra del Livido Proli. Dopo aver vinto sei scudetti di fila su sei con Messer Minucci.