di Claudio Pea
C’era Belen ieri a Pesaro. E stasera c’è la partita. La bella argentina nello stesso albergo a cinque stelle che ospita anche la squadra di Don Gel: nel calcio una cosa del genere non sarebbe neanche immaginabile. Belen con Buffon e Borriello a colazione insieme: impossibile. Nessuna storia, nessun gossip, nessun scoop. Semplicemente Belen dall’odontotecnico ma, se ora ve ne parlo, è comunque una notizia che vi do. Ieri a Pesaro c’era il sole e forse il piccolo Felipe ha fatto il bagno in mare. Magari Felipe non è neanche il nome del figliolo di Scariolo. Anzi, sicuramente non lo è, ma di Don Gel non ho neanche più il numero di cellulare. E poi tra me e lui adesso è sceso il gelo. Pazienza, m’infilo un pullover con le mezze maniche e me ne faccio una ragione. A qualcuno può anche non piacere la mia satira, il mio modo di vedere il basket non come una crociata o, peggio, come le parole crociate di Bartezzaghi, ma più con gli occhi curiosi del bambino che si diverte ancora a fare il monello e dare i soprannomi agli eroi del cestino. Però l’abbraccio con Valter Scavolini prima della partita di sabato sera e il suo “bei tempi quelli di D’Antoni e Meneghin” valgono per me trent’anni di pallacanestro vissuti pericolosamente non sempre sulle stesse barricate, ma con uguale passione per questo stupido gioco che solo le persone intelligenti sanno però leggere tra le righe. E allora vai con l’ultima che ho sentito raccontare a cena da Ugo a Rivabella con gli amici e i nemici – si fa per ridere – dei tempi che furono: Valerio Bianchini, Vincenzino Esposito, Nino Pellacani, crescentine e tigelle, tris di primi e sangiovese. Una meraviglia. “La sai quella di Scariolo e Esposito alla Fortitudo?”. No. So che non andavano molto d’accordo. “E difatti un giorno Sergio fa a Vincenzino che ne aveva combinata una delle sue: “Stavolta ti do la multa”. E il bonsai di Caserta, gemello di Nando Gentile, impassibile: “Ma chi sei tu, o’ viggile?”. Oggi invece a Pesaro pioviggina: gli ombrelloni sono chiusi, la spiaggia è deserta, solo una suora cammina a piedi scalzi e le scarpe in mano sul bagnasciuga, la festa della birra è finita, il mare è come una sogliola. E stasera c’è la partita, la quarta tra la Scavolini e l’Armani, primo arbitro Facchini che non credo sia molto gradito a Don Gel. Al quale piaceva LaMonica. Ma con LaMonica sabato ha perso dopo tredici vittorie di fila e allora chi ci capisce qualcosa è bravo. Se io fossi Siena, farei scegliere a lui gli arbitri per le finali-scudetto. A patto che non siano Orate Frates, Pinocchietto Rossini e Cicorino Cicoria. No, così non vale. Ma la finale tra chi sarà? Di sicuro c’è la Montepaschi che qualcuno dava già per morta e che invece riposa in pace, si fa per dire e comunque non come gridava Don Gel ai quattro venti. D’accordo, ma l’altra? Ci mancherebbe solo che non fosse l’Armani. La quale può anche una volta cadere con la Scavo-Siviglia, non tre. Però è stato bello passare tre giorni a Pesaro: in questo devo dare ragione a Felipe e al giovane padre che qui ha vinto lo scudetto nel 1990. Il pranzo sulla terrazza in bocca di porto da Alceo, l’entusiasmo dell’abbronzatissimo Del Moro e gli scampi giganti al sale. Il tramonto del sole che scendendo dalla collina si corica nell’acqua dove ancora si tocca. La luna piena sopra la villa (da sogno) di Pavarotti che fa andare giù di testa Werther. L’aperitivo sulla spiaggia di Baia Flaminia con quella brava e tranquilla persona che è l’Uomo DalMonte. La finale-scudetto degli over 40 che ha rivinto Jesi di quattro punti. Ed era favorita Pesaro come stasera lo è Milano. L’Albertone Bucci di nuovo in sella alla sua nazionale campione del mondo. Flavio Carera del 63 che più non brontola anche se Ponzoni se l’è dimenticato in panchina nell’ultimo quarto come succede talvolta anche a Don Gel con Bourousis e Rocca. Tiramolla Solfrini del 58 che saltava come un grillo e non meno – fidatevi – del Ginobili virtussino e virtuosissimo. Gente che va e gente che viene rincorrendo amarcord solo al miele. Pesaro ancora ombelico del basket come ventidue (e più) anni fa. La stretta di mano con Daniel Hackett fuori dal “Gusto”. Bravo così. “Grazie, ma non è finita qui”. Già. E stasera sarà quel che sarà: vero Josè Feliciano? Sia per i ricchi che per i poveri. O vogliamo parlare delle tagliatelle ai fagioli e del coniglio in porchetta dalla Maria, lassù a Novilara, sull’Adriatico: tutti posti che credevo non esistessero più. Sì lo so, sono ingrassato d’altri tre chili e la Tigre di sicuro s’incazzerà con me. Come Don Gel. Ma dopo i playoff, lo giuro, mi metterò a dieta e magari fuggirò lontano. Che più lontano non si può. Forse a Berenice nel profondo sud dell’Egitto. Dove non c’è la tivù e talvolta manco la luce, i telefonini non prendono e Scariolo non sanno neanche chi è. Ma c’è Gepo, il cammello che Tattattira Iannacci ha affittato per un anno alla ridicola cifra di 50 euro e arance a volontà. Vai Gepo, galoppa: io non ho fretta. E tu?
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