di Claudio Pea
Per giorni e giorni sono rimasto surgelato dall’intervista (via fax?) a pelle D’Urso che il Livido Proli ha rilasciato a Capodanno a Vincenzo Di Schiavi, giornalista della Gazzetta dello sport. E perché non a Chiabo o a Oriani o a Rebus Bartezzaghi? Ve lo spiegherò un’altra volta. Ora ho ben altra carne al fuoco. Impietrito e ghiacciato, battendo i denti e tremando come una foglia, ho provato ugualmente – dicevo – a scongelare e a decodificare il Proli-pensiero, ma se alla fine ci sono riuscito non devo stavolta dire grazie alla mia amatissima Tigre, che pure si è fatta in quattro per scaldarmi con un paio di coperte di Linus, un piumino del Sudtirolo e persino la boule leopardata d’ultimissima concezione, tre cognac col latte bollente e due caraffe di vin brulé, quanto la straordinaria performance della Montepaschi che da meno quattordici – mamma, che freddo! – ha rimontato e divorato il Khimki che è un’ottima squadra, allenata da quello stupendo giocatore che era Rimas Kurtinaitis, cecchino prima della nazionale sovietica, oro alle Olimpiadi di Seul nel 1988, e poi di quella lituana, bronzo a Barcellona ’92 e a Atlanta ’96. Kurtinaitis ha sempre esercitato un grande fascino su di me. Più ancora di Arvydas Sabonis. Forse perché una volta Arvydas lo dovemmo sollevare in tre, i due grossi massaggiatori dello Zalgiris e il sottoscritto, per farlo salire sul pullman che lo aspettava davanti al Palalido: era alto due metri e venti, pesava quasi un quintale e mezzo e nella notte milanese aveva tirato il collo ad almeno tre bottiglie di grappa che evidentemente deve essergli piaciuta addirittura più dell’inseparabile vodka.
Non so se Kurtinaitis sia anche un buon allenatore. Di sicuro, crescendo alla scuola di Pianigiani, ma più corretto sarebbe dire all’università di Messer Minucci, lo è diventato Luca Banchi da Grosseto, sfegatato tifoso come me della Signora in bianco e nero. Piaccia o non piaccia a Dan Peterson, che recentemente gli ha preferito Vitucci, Sacchetti e Bucchi. Lo so, questa l’ho già scritta, ma se per caso a qualcuno fosse sfuggita, è bene ripeterla perché mi sta proprio qua. Sul gozzo. E riuscirò a digerirla solo il giorno in cui Dindondan non ne farà pubblica ammenda. Sì, in diretta. Magari imbeccato da Niccolò – mi raccomando con due ci, altrimenti s’incazza – che, adesso che Cantù e Milano sono uscite dall’EuroLega, urla molto meno ed è di gran lunga il miglior telecronista di basket del Belpaese. E’ comunque un peccato che l’amico Trigari lavori in una emittente piccina piccina, più della casetta in Canada, ma, se pensate che la Rai se ne accorga e lo chiami a sé, dovete almeno sperare che i dinosauri di via Mazzini non abbiano più figli nullafacenti da sistemare nella tivù di Stato o altrove. Il che non avverrà mai e poi mai. Perché le madri dei raccomandati sono sempre incinta. A meno che il Cavaliere non diventi dal giorno alla notte comunista e anche lui mangi i bambini come fanno Vendola e non solo lui regolarmente a pranzo e qualche volta pure a cena.
Per par condicio, che a Vicenza si chiama “par conicio ma xè gatto”, ora dovrei occuparmi anche di Mediaset, dove la pallacanestro è trattata peggio delle freccette, di cui si stanno disputando i campionati del mondo e Eurosport li sta trasmettendo in diretta, ma prima devo ancora decodificare il Proli-pensiero e poi, già che ci sono con l’interpretazione dei testi criptati, ho da capire dove volesse arrivare l’indiscusso capo della Banda Osiris, Flavio Tranquillo, quando, a metà di Clippers-Lakers, se ne è uscito con questo testuale e delirante monologo: “La situazione è che lo staff tecnico dei Lakers o è in condizione di cambiare la situazione difensiva, il che è difficile per le caratteristiche degli individui, per l’essere arrivato in corsa (chi, forse D’Antoni?), per il poco tempo, per la pressione e altri dieci motivi, o cambia questo oppure non c’è possibilità di andare a disquisire se è meglio più post basso o meno post alto, un ritmo ics o un ritmo ipsilon: sono solo parole al vento…”. Tutto chiaro? Come no. E comunque Cicciobello non faceva prima a dire che i Lakers che difendono da cani, cioè peggio dell’Armani, o cacciano subito il suo Michelino o non vanno nemmeno ai playoff? E il presidente di Milano non faceva più presto a confessare che Orate Frates l’ha mandato via, d’accordo con Scariolo, perché – uno – non ha mai potuto sopportare la Banda Osiris. E due perché la Banda Osiris voleva fare la forca a Don Gel. O mi sbaglio? Non credo. E allora tutti insieme: resta con noi, magico Proooli. E chi non canta con noi, peste lo colga.
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