Belsedere è un piccolo borgo con una grande fattoria che si trova nella zona delle crete senesi, all’interno del comune di Trequanda. Famoso per il vino, per la sua tenuta e per il suo stesso nome, si trova spesso sul web tra i nomi più strani di luoghi abitati che si possono trovare in Italia.
La Villa di Belsedere ha origini molto antiche. Già feudo Cacciaconti alla fine del 1200 fu scelta come luogo di ritiro e preghiera da parte della Beata Bonizzella Cacciaconti il cui corpo, custodito da un’urna sull’altare della Chiesa parrocchiale di Trequanda, viene esposto al culto durante i solenni festeggiamenti a lei dedicati nel mese di maggio di ogni anno.“Bonizzella Cacciaconti, nata intorno al 1230-1235, è una figura importante per la comunità di Trequanda. A lei sono attribuiti diversi prodigi, sia in vita che dopo la morte. Nobile e ricca, dedicò la sua vita ad aiutare i bisognosi. Dopo la morte del marito, si ritirò nella tenuta paterna di Belsedere, che divenne luogo di preghiera, soccorso e carità fino alla morte, avvenuta in circostanze sconosciute.”
Per lungo tempo nulla si seppe neppure sul luogo di sepoltura. Secondo alcune cronache il suo corpo fu casualmente ritrovato il 6 maggio dell’anno 1500, quando dalla finestra del consiglio comunale, mentre i notabili di Trequanda erano riuniti, due consiglieri notarono che uno sciame di api si era posato sul muro laterale della chiesa dei Santi Pietro e Andrea (sulla piazza). Le api entravano e uscivano da una fessura nel muro. Furono quindi rimosse le pietre e fu scoperto il corpo perfettamente conservato di beata Bonizzella, che giaceva insieme alle spoglie di un bambino, il nipote Guido. “Le cronache raccontano che il cadavere emanava un forte odore di incenso e si presentava come se la nobile signora fosse morta da poche ore, con una veste in preziosa seta di colore verde e bruno, il soggolo monacale e un calice di cera tra le mani”. La salma fu rimossa e posta in una cassa sotto l’altare. Per ben tre volte l’urna fu ritrovata vuota e il corpo di nuovo deposto nel luogo in cui era stato scoperto, rimasto in un loculo nascosto nel muro della chiesa e vegliato da un fitto esercito di api.
Ricorrente è la cecità per i malintenzionati, che riacquistano la vista dopo il pentimento: una leggenda racconta che durante gli scontri tra Firenze e Siena, quando Trequanda era assediata dalle truppe spagnole (gli abitanti aprirono il sarcofago per ottenere protezione dalla beata), un capitano dell’esercito invasore rubò un anello dal dito della salma e subito venne colpito da una miracolosa caligine agli occhi, che scomparve quando l’anello fu rimesso al suo posto. Un altro episodio riguarda ancora un gruppo di soldati dell’esercito spagnolo di Carlo V, che divennero ciechi dopo aver rapito alcune ragazze del posto con l’intenzione di violentarle: pentendosi del gesto, si rivolsero disperati a Bonizzella e recuperano la vista.
La leggenda vuole che il nome del luogo prenda origine da una nobile molto bella che si divertiva a far innamorare tutti i giovani dei paesi vicini. Trascorreva gran parte della giornata a mantenersi bella: pettinarsi i capelli, profumarsi le mani, curarsi e dipingersi le unghie e così via. Ben presto, però, i giovani si stancarono di essere presi in giro e di perdere la testa senza essere corrisposti e allora si rivolsero ad un giovane stregone loro amico, che abitava nella foresta vicina a Trequanda.
Qualche giorno dopo la giovane vanitosa, mentre se ne stava in casa a riordinare fiocchi e merletti del suo guardaroba, gettò lo sguardo dalla finestra e vide con immenso stupore grosse e morbide matasse di lana dorata e argentata appese ai rami del pesco che stava nel del suo orto. «Che sia il regalo di uno dei miei folli corteggiatori? – si disse, subito dopo essersi ripresa dalla meraviglia. – Be’, visto che tra qualche settimana sarà la festa del paese, ne approfitterò per prepararmi il vestito più bello che si sia mai visto! ».
Detto fatto, la nobil ragazza corse a staccare dai rami del pesco tutte quelle matasse preziose, si chiuse in casa e facendo lavorare i domestici mattina, pomeriggio e sera, alla fine ebbe tra le mani un abito meraviglioso. Arrivò la tanto attesa festa paesana e tutti quelli della zona, uomini, donne, vecchi e bambini, si riunirono com’era buona abitudine in chiesa, aspettando che cominciasse la messa. A pochi, minuti dall’inizio della celebrazione, arrivò anche lei, la ragazza che faceva girare la testa a tutti i giovanotti del paese e dei dintorni, e il brusio si trasformò in ammirazione e meraviglia.
La nobile vanitosa si fece largo all’ingresso della chiesa e gli altri si ritrassero per farla passare e per ammirare quell’abito così bello. I volti gli uomini, rivelavano il desideri più nascosti. La ragazza s’avviò lentamente lungo la navata centrale, finché non giunse alla prima panca, in parte ancora libera e vi si sedette, sistemando con cura le pieghe della gonna. Nessuno più guardava l’altare, in pochi si accorsero che il prete aveva lasciato la sacristia per dare inizio alla messa e solo lei, la fanciulla vestita d’oro e d’argento, si alzò in piedi per accogliere il celebrante. Proprio allora accadde qualcosa di inaspettato, di incredibile e di scandaloso: quell’abito sontuoso, elegante e prezioso dapprima perse il luccichio e poi sparì, sciogliendosi come d’incanto e lasciando la poveretta completamente nuda.
Ecco qual era lo scherzo dello stregone, pensarono immediatamente tutti i giovanotti raccolti in fondo alla chiesa ma questo incantesimo mise ancora più in risalto la bellezza della giovane ragazza che con timidezza uscì dalla chiesa facendo impazzire tutti gli uomini che la guardavano e che da quel giorno si rivolsero alla nobile chiamandola “Belsedere”.
Articolo e foto: Gabriele Ruffoli