Ci sono tanti compagni di viaggio. Alcuni ce li scegliamo, altri ce li troviamo a fianco, magari nel seggiolino accanto in un treno, su un autobus o un aereo. E non puoi cambiare posto. Oppure in una strada che devi percorrere per forza. Quella strada non ti piace, magari, e nemmeno sai dove ti porterà e proprio non vorresti a fianco chi ti sta accompagnando. Così abbiamo deciso di dare voce a tutte quelle persone che si sono trovate “per destino” a compiere una parte del viaggio della vita con quelle che vengono definite malattie rare, malattie invisibili, malattie croniche. Lo abbiamo fatto con due interviste – la prima al professor Bruno Frediani (potete rileggerla qui) e una alla professore Silvia Sestini (qui), rispettivamente direttore del Dipartimento di Scienze mediche e della Reumatologia dell’Aou senese e presidente della Aimaku, l’associazione che segue chi è affetto da Alcaptonuria
Mi chiamo Paola e sto scrivendo queste righe, perché la mia amica, come si chiama? Si dai, quella che lavora lì, lì (ce l’ho sulla punta della lingua, dai vabbè) che dicevo? Ah sì che la mia amica, che prima o poi me lo ricordo come si chiama, mi ha chiesto di scrivere qualcosa.. …
Mannaggia, se non mi facessero così male gli avambracci che stando al computer appoggiano sul tavolo, scriverei anche più volentieri, ma la sensazione di avere le braccia piene di spilli, mi sta distraendo, dunque che dovevo scrivere? Aspetta la medicina l’ho presa, ma oggi mi sembra che non serva proprio a niente, quasi quasi faccio una doccia calda, magari mi fa stare bene e mi passa pure questa specie di crampo lungo la schiena.
Dovrò cambiare anche il nappo della doccia, perché così non va bene, il getto dell’acqua mi provoca dolore. Devo interrompere scusate mi suona il telefono: “ciao… Ah sì? …. No mi dispiace, non vengo, sono troppo stanca, oggi non ce la faccio, davvero, sarà per la prossima volta. Come? Sono già tre volte che ti dico che non me la sento di uscire? È che fa un po’ freddo, e questo fa peggiorare tutto. … Va bene, alla prossima allora.” In effetti sono diversi mesi che non vedo nessuno, mi sento anche un po’ in colpa, perché sto trascurando gli amici. E non vado nemmeno a qualche evento in città, per la verità ho smesso anche di andare al cinema. Il suono è troppo forte, provo una sensazione quasi dolorosa, mi devo portare i tappi per le orecchie, e poi seduta nella solita posizione… No dai non ce la posso fare. Ah, scusate io stavo scrivendo e poi ho divagato. Eravamo rimasti che la mia amica mi aveva chiesto: “perché non scrivi qualcosa sulla fibromialgia ” .
Mah, penso che se uno apre Google e cerca Fibromialgia, trova tutto.
E che io abbia la fibromialgia a chi vuoi che interessi? Nemmeno al sistema sanitario, che ancora non si è deciso a dichiararla malattia. Perché come la vuoi chiamare, quella cosa che ti annebbia la memoria, che ti fa percepire come doloroso lo stimolo derivante dal tenere una parte del corpo appoggiato, o il getto della doccia, o il suono un po’ più alto? Quella cosa che ti fa sentire spesso molto stanco, e ti fa rinunciare alle cose che ti piaceva fare?
Come lo spieghi all’impiegato delle poste o in banca che se ci sono molte persone in coda, può darsi che tu abbia bisogno di sederti? E anche alla direzione del museo, che se non ci sono abbastanza punti in cui eventualmente riposarti devi rinunciare ad entrare?
La fibromialgia è una malattia. Chiediamo che venga riconosciuta e che la ricerca ci porti una cura valida, perché attualmente navighiamo a vista.
Paola Alberighi