Il covid sta mettendo a dura prova vari comparti economici quali il settore della ristorazione e non solo. Ci sono, infatti, attività praticamente “dimenticate” che vanno avanti a malapena tra aperture e chiusure a seconda delle decisioni governative e tra queste ci sono i negozi che vendono strumenti musicali e che anche questa volta sono stati bloccati.
La decisione ha indotto i titolari del negozio Checcacci a scrivere una lettera al prefetto che giungerà sulla sua scrivania nelle prossime ore. La missiva ha l’intento di smuovere le coscienze e va aldilà dei confini senesi perchè riguarda un settore importante del nostro Paese che racchiude in sé vari aspetti: didattici e culturali. “Il nostro mondo -esordisce Roberta Checcacci, uno dei titolari dell’omonimo negozio – è poco conosciuto e forse per questo non è considerato come dovrebbe”
Perchè avete sentito la necessità di scrivere al prefetto?
“E la maggiore autorità sul nostro territorio, è il rappresentante del governo e per questo speriamo che porti la nostra voce oltre la nostra città. Ci auguriamo che qualcuno capisca e ci venga incontro. Il problema non è solo nostro su Siena, ma su tutto il territorio nazionale”.
Cosa significa gestire un negozio di strumenti musicali?
“Non è solo vendere una chitarra oppure una tastiera. Noi siamo professionisti e quotidianamente veniamo chiamati a dare consigli su particolari strumenti, oppure ad accordare un pianoforte e non solo. Insomma c’è bisogno di interagire con i docenti di musica, con i ragazzi che seguono questa materia e con i loro genitori. Come è possibile fare tutto questo a porte chiuse?”
Roberta Checcacci ricorda che la sua attività non è possibile portarla sulle vendite online come accade sempre più spesso per altre attività commerciali “Non dimentichiamo che la musica non è solo svago, ma è anche cultura tanto che è insegnata nelle scuole. Abbiamo un liceo musicale, tanto per fare un esempio” e maestri di musica che hanno bisogno di avere un professionista che possa aiutarli a cambiare un pezzo ad uno strumento oppure a dare loro uno spartito.
Cosa proporrebbe in concreto se le venisse chiesto?
“Di farci lavorare. Ci hanno chiuso proprio in questo periodo che è quello durante il quale lavoriamo di più con le scuole e non solo. Il fatturato da ottobre a dicembre praticamente ci da da vivere per tutto l’anno. A fronte di questo desidererei che ci venisse data una mano facendoci riaprire. Purtroppo devo constatare con amarezza che la musica in Italia non è considerata e di conseguenza noi non contiamo nulla. Hanno lasciato aperti negozi che secondo me non sono essenziali e a noi ci hanno chiuso. Il nostro mondo non è conosciuto e non è apprezzato come dovrebbe”. Eppure in un Paese democratico e civile la cultura musicale dovrebbe essere posta su un piano privilegiato. Non è così e chi ha il potere di decidere ha buttato alle ortiche le parole di Beethoven: “dove le parole non arrivano la musica parla”.
Cecilia Marzotti