Benedetto sia l’algoritmo di Twitter: sa che mi occupo di turismo e mi fa comparire un post di Roberto Gualtieri – candidato sindaco del Pd a Roma – in cui annuncia il suo programma per far diventare la cosiddetta città eterna una “capitale del turismo internazionale”.
Con un elenco così lungo di proposte, e dai toni così generici, da rassicurare tutti gli elettori: anche lui non farà nulla per migliorare l’accoglienza turistica e gestire il governo dei flussi verso la creazione di posti di lavoro.
Lo dico subito: non è un problema di parte politica, di sinistra, centrosinistra, centrodestra, destra o cinquestelle. Se c’è un tema su cui tutti i candidati, di tutte le parti politiche, si trovano d’accordo è quello di parlare in maniera vana e vuota di turismo, senza mai fare l’unica cosa che andrebbe fatta: spendere una percentuale del 30-40% della imposta di soggiorno in interventi che siano veramente a favore dei turisti. Ma la necessità di consenso elettorale è più forte di ogni consiglio di natura tecnica: meglio destinare i milioni di euro a soggetti che nulla sanno di turismo – e nulla fanno per i turisti – ma che sono invece impegnati ogni ora del giorno a rastrellare voti e consensi per il candidato sindaco e per un paio di candidati consiglieri comunali, magari capaci poi di farsi nominare anche assessori.
Nel suo post infinito su Facebook (638 parole, quasi il doppio di questo articolo) Gualtieri fa il solito elenco di interventi strategici, neanche sbagliato, anzi probabilmente scritto da persone competenti del suo staff. Ma “inciampa” subito in quella che è la prima regola del politico che parla di turismo: non mette nessuna cifra dei soldi che intende spendere per realizzare le cose che dice. Il messaggio in codice è chiaro: state tranquilli, che i soldi della imposta di soggiorno – a Roma peraltro carissima a livelli quasi insostenibili: 8 euro per una camera matrimoniale in un hotel a quattro stelle – continueremo a dividerli fra noi, alimentando i soliti noti o chi avrà dimostrato la capacità di portare voti ai candidati amici.
Quando poi aggiunge le Piattaforme digitali aperte di prenotazione (che non potranno mai funzionare) ed i controlli antiabusivismo e frode fiscale delle professioni turistiche (che nessuno fa mai seriamente) ecco che ogni dubbio si trasforma in certezza.
Ma del resto, cosa ti vuoi mettere a spendere soldi per fare di Roma una “capitale del turismo internazionale”, quando lo è già da decenni?
Roberto Guiggiani