Gioventù violentata e taggata: la catastrofe educativa e il naufragio della civiltà

Le violenze sessuali di gruppo rappresentano un tema di crescente preoccupazione, sia per i suoi risvolti sociali che psicologici. Talvolta i perpetratori sono giovani o addirittura minorenni.

Questi giovani violentano le proprie vite, bruciano il proprio e l’altrui futuro, mentre la società finge di non sentire le loro urla di disperazione, di non vedere l’assenza di senso che guida le loro condotte e tace, per paura e conformismo, almeno fino a quando qualcuno di questi reati non viene sbattuto in prima pagina. Ancora più inquietante è l’emergere di un nuovo fenomeno: la registrazione durante l’esecuzione del massacro e la successiva pubblicazione e condivisione tramite social media di queste violenze. Un tempo, dopo aver commesso un crimine, l’autore faceva il possibile per nasconderne le tracce; oggi, la prova stessa del reato è oggetto di vanto. Di questo passo, la nostra civiltà non potrà che naufragare.

Gli individui, è storia antica, specialmente durante l’adolescenza, possono essere particolarmente vulnerabili all’influenza del gruppo. Le dinamiche di gruppo possono spingere i giovani a compiere azioni che non intraprenderebbero da soli: questo fenomeno è detto
“conformismo” e nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta assume un ruolo chiave. Ragazze e ragazzi tendono a cedere alla pressione dei coetanei per dimostrare di appartenere al gruppo o per evitarne il rifiuto. Questo è ciò che scatta nella mente di coloro che commettono violenze in gruppo: la conformità può portare a una perdita di controllo individuale e al perpetrare di atti altrimenti impensabili.

A tutto ciò, si è sommato l’avvento dei social media che ha introdotto nuove dinamiche nelle interazioni umane. Pubblicare e divulgare foto o filmati di un reato che si è commesso può fornire una falsa sensazione di impunità. La pubblicazione di tali atti può essere interpretata come un tentativo di ricevere approvazione dal proprio gruppo di riferimento o di stabilire un senso di potere e controllo attraverso l’umiliazione degli altri.

Che cosa induce un diciannovenne a pubblicare sui social il filmato della violenza sessuale alla quale egli stesso ha partecipato? Questi giovani potrebbero cercare l’attenzione, la notorietà e l’approvazione dei loro pari, desiderando conferma e rispetto all’interno del loro gruppo. La divulgazione stessa, al contempo, riflette una totale mancanza di sintonizzazione emotiva e di comprensione delle conseguenze delle proprie azioni. La ricerca di sensazioni forti, unita all’impulsività tipica dell’adolescenza, può portare a una completa disconnessione tra l’atto e le sue implicazioni legali, emotive e psicologiche.

Dall’altro lato, le vittime di queste violenze possono sperimentare traumi profondi che influenzeranno la loro salute mentale e il benessere emotivo a lungo termine. La pubblicazione online dell’evento può aggiungere ulteriori strati di trauma, esponendo la vittima a giudizi sociali, umiliazione pubblica e una ripercussione continua dell’evento traumatico.

Per i giovani che hanno commesso il reato, la pubblicazione online potrebbe influenzare la loro percezione delle proprie azioni. La mancanza di rimorso visibile potrebbe derivare dalla disconnessione tra l’evento reale e la sua rappresentazione digitale. Ciò potrebbe rendere più difficile per loro sviluppare una comprensione autentica delle conseguenze del loro comportamento, ostacolando qualsiasi possibilità di responsabilizzazione e cambiamento.

Il fenomeno è drammatico, complesso e allarmante. La sua analisi non dovrebbe limitarsi al singolo episodio ma lo studio di queste dinamiche di gruppo, l’impulso alla conformità e l’effetto disumanizzante che si ha online dovrebbe essere tra i temi centrali sul tavolo di Istituzioni e società civile.

Non ci dimentichiamo che per ogni ragazzo bruciato, c’è sempre un intellettuale buonista, un cattivo maestro, uno scaltro politico o un modello di riferimento sbagliato che non testimonia la verità o non denuncia il crimine. Per paura o conformismo. Così, si crea la catastrofe educativa, così naufraga la nostra civiltà.

Dott. Jacopo Grisolaghi

Psicologo, Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica
www.jacopogrisolaghi.com