“In Toscana 200mila cittadini non hanno il medico di base”. A denunciarlo durante la tavola rotonda della festa di LiberEtà è Pasquale D’Onofrio, segretario Fp Cgil medici e dirigenza Ssn Toscana.
Il sindacalista ha rilevato come nella Regione ci sia “una carenza ormai strutturale” ed ha stimato come “nei prossimi 4-5 anni ci sarà la fuoriuscita di circa il 25% dei medici di base che non saranno compensati da nuovi ingressi in quanto le borse di studio restano vacanti da parte dei giovani medici. Nelle zone carenti occorre dare una risposta ai cittadini anche utilizzando strumenti organizzativi differenti attraverso l’assunzione di nuovi medici”.
Il tema della carenza dei medici è stato centrale nell’iniziativa promossa e organizzata dallo Spi Cgil di Siena insieme alle medesime sigle di Arezzo e Grosseto. I lavori sono stati aperti dall’introduzione della segretaria generale Spi Siena Daniela Cappelli. A seguire la tavola rotonda, moderata dal segretario generale dello Spi Grosseto Erio Giovannelli, dal titolo “Quassù il medico non c’è. C’è un’emergenza da fronteggiare: la carenza dei medici di famiglia nelle aree interne” che ha visto la partecipazione di Simone Bezzini, Antonio D’Urso, Pasquale D’Onofrio, Giuseppe Gugliotti, Alessandro Tracchi. Le conclusioni sono state affidate ad Alessio Gramolati, segretario generale Spi Toscana.
“In Toscana l’anno scorso secondo i dati della Fondazione Gimbe mancavano 143 medici, un dato che sta continuando a peggiorare, lasciando scoperte nell’area sud est molte persone: nell’Amiata senese e grossetana, nelle Colline metallifere e nelle zone interne dell’aretino, ma anche in città più grandi – afferma Cappelli -. Le proiezioni ci dicono che è previsto nei prossimi anni un ulteriore calo di 250 medici”.
Le cause, aggiunge, “sono da ricercare in errori di programmazione per garantire il ricambio generazionale e in particolare la mancata sincronia per bilanciare i pensionamenti attesi, oltre che in una convenzione nazionale che consente ai medici di decidere anche di non coprire alcune zone che considerano più disagiate. La soluzione può stare nel recuperare i difetti di programmazione, nell’attuazione di modelli organizzativi che valorizzino il lavoro in team, nell’implementazione dell’assistenza territoriale, ma in ultima analisi noi lanciamo la proposta di assumere i nuovi medici come dipendenti del servizio sanitario nazionale, magari utilizzando risorse che non vengono spese laddove le zone sono carenti perché i medici non ci sono”.
“C’è ancora troppa carenza di medici soprattutto nelle aree interne e di infermieri negli ospedali – dice Giancarlo Gambineri -. Stato e regione devono impegnarsi e investire risorse, è fondamentale per gli anziani ma anche per i non anziani. Se non c’è il medico, se non ci sono i servizi, le aree interne si spopolano”.
“In provincia di Grosseto, dove c’è poca popolazione in un territorio vasto, quello della carenza dei medici è un tema sentito – evidenza Erio Giovannelli – Mancano anche i pediatri. Stiamo lavorando perché questa carenza si riduca, anche con la proposta che faremo alla Asl per le case di comunità piccole, che chiederemo siano individuate nelle aree interne dopo il confronto con il sindacato”.
“I pensionamenti dei medici di medicina generale che arrivano tutti insieme generano preoccupazione e incertezza soprattutto nella popolazione più anziana – le parole dell’assessore regionale Simone Bezzini -. Stiamo adottando delle misure, sfruttando gli spazi che la normativa consente: l’innalzamento a 1800 del massimale di assistiti su base volontaria per ciascun medico di base; il fatto che i tirocinanti possano assistere fino a 1000 persone, un utilizzo più ottimale di risorse che potrebbe derivare dalla riforma della continuità assistenziale. Stiamo lavorando a un progetto specifico, mirato sulle aree disagiate, per incentivare la presenza di medici di base nei contesti territoriali più periferici”.