Dallo scorso primo settembre ogni cittadino che abita nel territorio della Asl Toscana sud est ha un infermiere di famiglia e comunità assegnato; un professionista della salute che riconosce e cerca di mobilitare risorse all’interno delle comunità, aumenta e migliora il controllo sulla salute dei cittadini. Nell’intero territorio della Asl sono 334 gli infermieri per questo settore (117 Arezzo, 114 Siena e 103 Grosseto).
“Abbiamo attivato questo nuovo modello organizzativo già nel 2020 – dichiara il direttore generale della Asl Antonio D’Urso –. La sperimentazione, nonostante la pandemia, è stata fruttuosa e i risultati ci hanno spinto verso un’accelerazione dell’estensione dell’esperienza a tutto il territorio dell’azienda, capofila in Toscana e una delle prime in Italia ad aver fatto partire il progetto dell’infermiere di famiglia. Inoltre il Decreto rilancio – Pnrr nella missione 6 0obiettivo salute raccomanda un forte sviluppo delle cure territoriali, con strutture dedicate (Case della comunità, ospedali di comunità, centrali operative territoriali…) ma anche con reti di prossimità e rafforzamento della regia territoriale di condizioni di cronicità e fragilità, dando mandato per l’infermiere di famiglia e comunità come uno dei punti cardine del rinnovamento dell’assistenza sul territorio. Il nostro obiettivo è quello di potenziare la rete sociosanitaria con un’azione che si sviluppa direttamente dentro le comunità e con le comunità. Tutti questi infermieri – prosegue il dg D’Urso – svolgono funzioni fortemente integrate con i professionisti e gli altri portatori di interessi che operano per la salute dei cittadini, in primis con i medici di famiglia, i medici di comunità, le assistenti sociali, i fisioterapisti, i medici di continuità assistenziale, ma anche le farmacie, le istituzioni religiose, le associazioni di volontariato, il vicinato; tutte quelle risorse, formali e informali che possono costruire una rete di supporto, sostegno e protezione sul bisogno di salute di una persona che abita nel territorio a lui affidato”.
“Gli infermieri di famiglia e di comunità sono stati assegnati ad un territorio specifico e delimitato – dichiara Vianella Agostinelli, direttore del dipartimento professioni infermieristiche e ostetricie – tenendo in considerazione le caratteristiche orografiche, demografiche, epidemiologiche, ma anche la densità abitativa e le caratteristiche sociali del territorio e della comunità che lo abita. Abbiamo rivolto la massima attenzione alla suddivisione geografica così che questa fosse compatibile con la presenza delle Aggregazioni funzionali territoriali (sedi delle associazioni dei medici di medicina generale) che operano in uno specifico ambito territoriale. Questo proprio per facilitare la partnership preziosa con i medici di famiglia. Il rapporto medio di ogni infermiere è di uno ogni tremila abitanti. Questo garantisce una prossimità adeguata e funzionale alla comunità di riferimento. Il progetto della Asl Toscana sud est vede gli infermieri di famiglia e comunità come una modalità di lavoro e di assistenza, orientate alla singola persona, alla sua famiglia e alla comunità in cui sono inseriti”.
“La società cambia e con essa i bisogni assistenziali – afferma Giovanni Grasso, presidente Opi (ordine delle professioni infermieristiche di Arezzo e coordinatore Opi Toscana). I sistemi sociosanitari e i professionisti stanno sviluppando diversi modelli organizzativi e gestionali per rispondere ai nuovi futuri scenari con appropriatezza clinico-organizzativa e competenza. L’infermiere di famiglia è una figura professionale formata per dirigere e incoraggiare la famiglia, identificando i suoi bisogni di salute e indicando la strada migliore nell’utilizzo dei servizi sanitari. Gli obiettivi principali che l’infermiere di famiglia persegue sono quello di promuovere e proteggere la salute dell’individuo e della popolazione per tutto l’arco della vita, insieme a quello di ridurre l’incidenza delle malattie e degli incidenti più comuni, alleviando le sofferenze che questi causano. Quello dell’infermiere di famiglia e comunità è quindi un ruolo fondamentale per garantire la continuità assistenziale”.
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