La rinuncia ai valori e l’aumento delle violenze: com’è che siamo arrivati a questo punto?

Nel saggio Cattiva maestra televisione, pubblicato nel 1994, Karl Popper, filosofo epistemologo austriaco, esponeva le preoccupazioni riguardo ai danni causati dalla sovraesposizione dei bambini alla violenza televisiva.

Le sue riflessioni suggerivano che la televisione avrebbe potuto minare lo sviluppo psicologico dei giovani, abituandoli alla violenza e limitando la libertà delle loro menti. Oggi, a distanza di tre decenni, tali preoccupazioni si rivelano più che attuali. Abbiamo molti studi in letteratura che collegano l’uso dei social media a problemi di salute mentale.

Nell’era dell’iper-connessione e della digitalizzazione di massa, stiamo assistendo ad un declino cognitivo ed emotivo che mina la capacità di relazionarsi emotivamente con gli altri, portando il genere umano all’analfabetismo emotivo. In famiglia non si comunica più e sono venute meno le regole.

Quanti genitori, guardando negli occhi i propri figli, chiedono loro: “Come stai?”. Non guardate lo schermo dell’iPhone, ma i vostri figli negli occhi. Più si è connessi, meno riusciamo a comunicare con chi abbiamo vicino. Questo fenomeno di mancanza di comunicazione è alimentato da influencer e modelli discutibili presentati nei media. La società liquida, come avrebbe detto Bauman, sembra essersi totalmente liquefatta, sembra aver perso di vista i valori fondamentali, sostituendoli con il culto del denaro, della tecnologia, con il vuoto.

Goethe suggeriva che “l’uomo è un essere volto alla costruzione di senso”, sottolineando l’importanza di un senso di scopo nella vita. Tuttavia, sembra che la società contemporanea abbia perso questo senso, sostituendolo i mezzi ai fini, portando a una vanificazione della morale e dei valori umani. Il nichilismo emerge come l’ospite più inquietante della nostra mente: il nichilismo porta ad una desertificazione del senso della vita, che a sua volta conduce a relativismo, scetticismo e disincanto, alimentando la violenza.

Ciò alimenta il processo di de-umanizzazione, testimoniato anche dal recente rapporto sulla criminalità minorile in Italia, che evidenzia una totale assenza di empatia verso le vittime e un aumento delle violenze sessuali. Questa de-umanizzazione permette di trattare gli altri come oggetti anziché esseri umani, facilitando atti di violenza estrema.

Papa Francesco parla di una “catastrofe educativa” in corso. La violenza, inclusa quella di genere, è un problema culturale ed educativo. Per contrastare la violenza di genere, è necessario che alle generazioni future vengano forniti solidi modelli, è necessario che venga insegnato loro a gestire le emozioni. Questo dovrebbe avvenire, in primis, in famiglia.

In un’era di analfabetismo emotivo, i valori emergono come un antidoto al vuoto e alla violenza. I valori sono i motivi che danno significato alla vita e fungono da guida per gli individui. Proteggere i valori significa metterli al centro della vita quotidiana, comunicarli nelle azioni e trasmetterli alle generazioni successive. Solo riscoprendo e difendendo i valori fondamentali possiamo sperare di allontanarci dalla spirale della violenza che attanaglia la società moderna.

Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta e Ricercatore del Centro di Terapia Strategica
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IG @dr.jacopo.grisolaghi