In quest’annata in cui a causa della siccità i tartufi scarseggiano e raggiungono prezzi stellari, arriva un importante riconoscimento, che sicuramente conferirà maggior prestigio anche ai preziosi frutti delle nostre terre, come il tartufo bianco di San Giovanni d’Asso. Dopo un percorso lungo e complesso durato ben 8 anni, e intrapreso dall’Associazione Nazionale Città del Tartufo (Anct) e dalla Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani (Fnati) insieme con il Ministero dei beni culturali e del turismo, la “Cerca e cavatura del tartufo in Italia” è entrata a far parte della Lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità dell’Unesco, nella quale possono entrare tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati, di generazione in generazione: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l’universo. artigianato tradizionale. Si tratta di un patrimonio culturale immateriale, che ha come obiettivo il mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione, e che supporta il dialogo interculturale e il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La “Cerca e cavatura del tartufo in Italia” si compone infatti di pratiche e conoscenze tramandate oralmente per secoli, tipiche della vita rurale dei tartufai nei territori tartufigeni italiani. Un patrimonio immenso, incentrato sulla profonda conoscenza dell’ambiente naturale e dell’ecosistema, che enfatizza il rapporto tra uomo e animale, riunendo le competenze del tartufaio e quelle del cane con la sua capacità olfattiva, di cui l’uomo è abile addestratore e con il quale crea un rapporto simbiotico. Una tradizione antica che accomuna l’Italia dal Nord al Sud declinata secondo identità culturali locali, tramandata attraverso storie, aneddoti, pratiche e proverbi che raccontano di un sapere che riunisce vita rurale e tutela del territorio. “Siamo entusiasti di questo risultato, finalmente ce l’abbiamo fatta – ha commentato Michele Boscagli, presidente di Anct –, la Cerca e cavatura del tartufo in Italia è diventata Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Otto anni di lavoro sono stati apprezzati, è stato un percorso che, grazie alle istituzioni competenti, ha dato l’opportunità a tutti i soggetti coinvolti di comprendere l’importanza di salvaguardare saperi e conoscenze della tradizione dei tartufai italiani. Un patrimonio collettivo, prezioso anche per le generazioni future, che va ben oltre il valore del prodotto in sé”. Si stima che oggi la comunità nazionale del tartufo sia composta da oltre 80mila cercatori e 63 città ed enti pubblici operanti in quasi tutte le regioni italiane. Questo traguardo per essi rappresenta un’enorme prospettiva di sviluppo e di tutela ambientale per tutti i territori rurali e i piccoli borghi interessati.
Stefania Tacconi