Davanti alla morte bisognerebbe imporre il silenzio e questo ancor di più quando se ne va un amico e un grande giornalista. Stamani ci ha lasciato Guido Parigi Bini. E’ con lui e grazie a lui se un giorno di tantissimi anni fa iniziai questo mestiere. Mi ero appena laureata quando bussai alla porta della redazione di Siena de La Nazione. Era il primo maggio, uno dei cinque giorni festivi per la stampa, ma Guido era al suo posto. Lui non conosceva orari, né il calendario. Mi mise subito all’opera e su una vecchia e ticchettante macchina da scrivere mi impose di rimettere in italiano un comunicato stampa dell’allora democrazia cristiana. Me lo rifece fare 40 volte perché a lui non piaceva. Fu davvero una grande prova. Da quel momento partii con lui accanto. Mi brontolava, ma sapeva anche darmi una pacca sulle spalle se le cose andavano come lui diceva. Voleva da tutti i suoi redattori la ricerca della verità, ci obbligava a non fermarci mai davanti alle apparenze. Guido è riuscito a trasmetterci caparbietà, trasparenza e soprattutto ha insegnato l’onestà intellettuale. Voleva a tutti i costi che tutti noi fossimo sempre presenti sul territorio perché solo così potevamo capire e di conseguenza scrivere le reali esigenze dei lettori. Con lui a capo della redazione di Siena mi sono imbattuta nei più efferati delitti che questa provincia ha conosciuto. L’agguato ai carabinieri da parte delle brigate rosse, i delitti di Castellina in Chianti e Castellina Scalo, i sequestri di persona da parte dell’Anonima sarda, l’uccisione dei due carabinieri in via dei Gazzani e il delitto su commissione nelle campagne dei Asciano di un servo pastore. Durante gli anni senesi aveva conosciuto come giornalista anche numerose crisi politiche che avevano coinvolto la città.
Guido Parigi Bini era nato il 2 novembre del 1938 ed è morto il giorno dopo il suo compleanno. Dopo aver diretto La Nazione Siena era andato a Firenze e poi a Prato. Si era iscritto all’ordine dei giornalisti nel 1966.
Guido mi lasci, ma i ricordi rimangono impressi nel mia mente. Grazie per avermi insegnato questo terribile e affascinante mestiere.
Cecilia Marzotti