Toscana

Nicoló, Duccio e il senso delle cose: conversazioni in Piazza Tolomei

Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.

A passo svelto procedevo lungo il Corso, trasportato dagli impegni. Poche figure affollavano la strada e le suole ticchettavano sulla pietra serena. Udii un suono leggero ma acuto, come un’unghia battere dietro il vetro. Alzai la testa e puntai lo sguardo in alto, al Palazzo Tolomei. Nulla di mutato, tutto come al solito. Dietro i vetri violastri delle bifore si muovevano ombre di persone indaffarate, intente a pensare a numeri e conti. Continuai a camminare. Udii il rumore ancora più forte, insistente: “Duccio, son quassù”.

Una finestra al primo piano nascondeva una sagoma dal corpo esile e i capelli lunghi. Immaginai fosse uno scherzo fatto da una ragazza degli Uffici della banca.

“Che vuoi?” le dissi.

“Duccio, son La Pia”.

Eccoci, ci siamo. Anche stanotte devo aver dormito poco, e i bicchieri di vino condivisi a cena erano forse più di quanti ricordassi.

 

 

 

 

“”Duccio, ascoltami”. Va bene che sono appassionato di storia, ma non posso immaginarmi ovunque gli amici dei miei libri. Incuriosito da ciò che la mia fantasia avrebbe potuto farle dire, mi detti una possibilità di ascoltarla.

“Son La Pia, anche se non ci credi. Venni uccisa da mio marito Nello, otto secoli fa orsono. Era innamorato di un’altra donna, così mi relegò nel Castel di Pietra, in Maremma. Lì trascorrevo le mie giornate in solitudine, cucendo e occupandomi degli animali. Ma ancora non gli bastò. Voleva risposarsi con la contessa Margherita, una donna ben più ricca di me. Gli dissi di fare quel che voleva: tra noi, un grande amore non c’era mai stato. Ma finché respiravo io per lui continuavo a esistere, la legge lo legava a me. Così un giorno, senza bussare, entrò nella mia stanza un servo che non avevo mai visto. Camminava incontro a me, senza chiedere il permesso di avvicinarsi, o senza che io avessi dato alcun ordine. Compresi: la mia fine era arrivata. Mi avvicinai da sola alla finestra, non volevo che usasse violenza nel trascinarmi. Gli facilitai il lavoro, sì: quando la tua fine è già scritta, tanto vale seguirla alla lettera e non tentare nemmeno di uscire dal solco tracciato per te. Amavo il cielo, gli uccelli e le nubi alte e sfumate a cui confidavo i miei sogni.

Eravamo all’ultimo piano. Prima di andarmene dalla terra, avrei certo provato ad aprire le braccia e volare”

Due corvi si appostarono sopra una bifora del palazzo. Emisero un gracchio e coprirono la voce della Pia.

“Pia, dove sei?” rivolsi al palazzo la mia voce, ed eccola che ricomparve.

“La mia triste storia tu la sai, Duccio. Anche se a me piace sempre raccontarla. Quello che non sai è che me ne sto ancora qui, nascosta dietro i vetri a osservare che a Siena le donne vengano trattate bene. Io da qui vedo tutto, ma non posso agire. Mi serve perciò un collaboratore esterno. Un fedele servo che porti nella realtà testimonianza della mia voce”.

 

 

 

 

 

“Va bene, Pia. Cosa devo fare?”

“Guarda quell’uomo e quella donna, in fondo a Piazza Tolomei. Lui le sta appresso per nascondere alla vista gli strattoni che le tira al cappotto. Stanno litigando perché il figlio non vuole trascorrere mezza settimana a casa del padre, e lui se la prende con lei. Ha già bevuto due birre, stamani”

Non avevo notato la coppia. Lui aveva un ghigno stampato in faccia e gli occhi rossi inferociti. Mi chiesi cosa avessi potuto fare, in una situazione del genere. Come essere di una qualche utilità per le tante situazioni in cui incappiamo tutti i giorni lungo la strada. Fui tentato di far finta di niente come al solito e andare avanti, ero già in ritardo. Ma ormai avevo fatto una promessa. Alzai gli occhi per salutarla, per dirle che non so cosa avrei detto ma qualcosa sì, di sicuro. La sua ombra longilinea era scomparsa, i corvi presero il volo. Un respiro riempì i polmoni e me intero del coraggio che ci vuole per andare incontro a ciò che si deve fare. Le labbra scandirono un grazie muto alla Pia. Con passo deciso mi incamminai verso la coppia.
Duccio

Testo di Giada Finucci

Foto di Nicolò Ricci

marco crimi

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marco crimi

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