Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.
Le campane delle chiese suonano all’unisono le dieci. Piazza del Campo inizia a popolarsi di turisti e dei senesi mattinieri anche di domenica. Seduto a un tavolino di Piazza, sul fondo della tazza bevo il cappuccino rimasto. Alzo il posacenere per prendere lo scontrino lasciato dal cameriere, in tasca cerco qualche moneta da lasciare sulla tovaglia.
Alzo lo sguardo, in cima alla Costarella si è fermata una folla composta di donne coperte da lunghi cappotti e uomini in completo nero. I più robusti fra gli uomini tengono poggiata una bara sulle spalle larghe. Due da un lato e due dall’altro reggono il legno di larice e indirizzano la faccia della cassa verso la Torre. Per tre volte la bara si solleva. La folla si fa il segno della croce e riprende il cammino per Via di Città.
I piccioni tubano tuffandosi e riemergendo dalla fonte, le gambe delle sedie stridono a contatto con la pietra di Piazza, i cucchiaini battono sulla ceramica nell’intento di raccogliere tutta la schiuma del latte. Andando verso la Costarella dei Barbieri schivo un bambino che spinge il suo stesso passeggino. Dietro i colonnini della Costarella, dove il corteo funebre se n’è appena andato, mi fermo. Nel medioevo si sarebbero qui trovate schiere di malati a bussare ai portoni con l’insegna rossa e bianca dei barbieri. Volevano evitarla, la fine che da lontano ho appena intravisto. Grazie alle abilità col rasoio, il barbiere era infatti il mestiere più vicino a quello del chirurgo: raccoglieva le vite giunte al limite, le cospargeva di sanguisughe, provava con la pratica del salasso a salvarle.
La Costarella conserva ancora oggi un legame biunivoco fra fine e inizio. E’ la sosta per le bare dei contradaioli più ferventi come anche il luogo della mossa; dove l’ordine dei cavalli viene dettato, il palco dei giudici sorveglia e la corsa prende avvio. Si vuole forse che il luogo in cui finiscono i giri innumerevoli e imprevisti di una vita sia lo stesso da cui prendono avvio i tre giri che quella stessa vita l’hanno tenuta col fiato sospeso.
Lungo questa piccola discesa i barbieri hanno donato secoli di speranze a globuli rossi malati di rigenerare sangue buono, non infetto; occhi ormai chiusi hanno dato l’ultimo addio e milioni di mani alzate al cielo hanno pianto la gioia di un nuovo inizio. Dalla Costarella dei barbieri il mio sguardo si apre a ventaglio sulla Piazza, da lì cade sulle lancette della Torre. Lo stesso Palio, penso, ci dice che la vita è circolare, che la vittoria dell’arrivo rincorre lo scalpitio dell’inizio.
Duccio
Testo di Giada Finucci
Foto di Nicolò Ricci