Nicoló, Duccio e il senso delle cose: Diacceto, ghiacciaia di carni e anime

Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.

Diacceto è luogo di ghiaccio e conservazione. Da antica ghiacciaia, il suo compito oggi è trattenere i momenti di chi trascorre anche una sola giornata a Siena. Non c’è stagione infatti in cui il suo muretto non si presti come appoggio per schiene e avambracci, immobili nel creare l’amuleto da tenere stretto al petto quando le vacanze saranno terminate. Mentre prima congelava le carni, oggi Diacceto congela piccoli frammenti di anima.

Anche per me che non sono un turista, Diacceto è una foto. L’immagine di tempo chiusa in uno scatto Reflex di qualche anno fa. Quella che, le volte in cui il mondo è distante e cerco come un drogato l’emozione – l’unica, lo so – che abbia la potenza di scuotermi e avvicinarmi alla vita, ripesco da una vecchia cartella del computer, e attentamente osservo. La foto che fa al contempo bene e male, che dal mare piatto del mio animo mette in moto uno tsunami che travolge e annega il paese del mio presente. Passeggiando per Diacceto, riapro con un click l’immagine nella mia mente:

La gonnellina bianca a fiori svolazza mentre la sua mano sembra ancora muoversi imbarazzata per riportarla aderente alle cosce abbronzate; era troppo corta per un pomeriggio di vento. Il colletto della mia camicia blu a fantasia estiva è spiegato e rivolto all’insù, solleticandomi la pelle del collo irritata dalle prime sbarbature. La mia mano inesperta trema e si appoggia delicata sulle sue spalle fini, piccole per fare da supporto. La necessità di farmi vedere sapiente mi tiene il mento all’insù, facendomi atteggiare come un Cicerone nella mia città, all’altezza di lei e del momento. Le palpebre di entrambi socchiuse dal sorriso esagerato di chi inizia allora a vivere. Dietro, San Domenico e l’attimo di luce accecante prima che il sole tramonti.

Il ghiaccio blocca la riproduzione delle cellule, immortala molecole e enzimi nel preciso disegno in cui sono: blocca la vita per restituirla in un tempo successivo, quando sarà più utile. Così succede con le foto: gesti, espressioni, vestiti indossati, luce e vita straboccante di un attimo fissati da un click e così salvati dalla decomposizione inesorabile. Che siano cartacee o digitali le foto giocano, riemergendo dai cassetti del comodino o del desktop, sulla nostra linea temporale. Soverchiano con forza, in periodi di carestia, la sua ottusa direzione in avanti, nutrendoci di emozioni congelate da anni.

 

Duccio

Testo di Giada Finucci

Foto di Nicolò Ricci

Questo slideshow richiede JavaScript.