Toscana

Nicolò, Duccio e il senso delle cose: Logge del Papa, un onore alla stirpe

Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.

“Prima o poi me ne vado”, ripeto a denti stretti mentre in fretta percorro Pantaneto. Lo slalom fra i passanti e i tavolini fuori dai locali simula la sensazione di soffocamento di questo periodo. Le mura di casa, i discorsi sempre uguali, gli abbracci affettuosi per cui mi sento cresciuto: tutto mi va stretto. Mi fermo alle Logge, luogo di incontro con i miei amici. Come al solito, tutti sono in ritardo. Inizia a piovere, sotto le gocce leggo sull’architrave la scritta già vista di sfuggita tante volte: “PIUS II PONT. MAX GENTILIBUS SUIS PICCOLOMINEIS”.

Come per magia le Logge si rianimano dei convitti lussuosi che la famiglia Piccolomini organizzava sotto le arcate. Vi sono dame con velluti di seta e broccati come gonne, collane di perle pregiate sul collo bianco e pizzi che coprono il dorso della mano che delicata regge un calice di vino. La scollatura profonda e quadrata attira su di loro gli sguardi dei gentiluomini vestiti con farsetto, spalle imbottite e scarpe a punta. Camicie bianche e pantaloni umili distinguono la servitù che sul tavolo imbandito serve ricche pietanze. Nel parlare un vecchio signore ringrazia Enea Silvio, “o forse dovrebbe chiamarlo Papa Pio II, adesso” – si corregge – che diventato Papa ha onorato la sua famiglia facendola diventare una delle cinque famiglie “Di Loggia” a Siena.

La pioggia cessa. Guardo di nuovo sotto la Loggia, adesso vuota. Ambigua, penso, è la relazione che si intrattiene con l’eredità. Certe volte vorremmo disfarcene, andare altrove, essere monade e veder fiorire i nostri rami tagliati dalle radici. Avere la consapevolezza d’essere ciò che siamo anche senza tutto ciò che ci ha preceduto. Ma ogni volta che mi soffermo alle Logge del Papa, penso al pensiero di Enea Silvio nei confronti della sua stirpe. Aveva riconosciuto, lui, che da solo mai sarebbe diventato Papa. Che alla famiglia dei Piccolomini doveva tutto ciò che era. E imperituro lo scolpì sul travertino.

Duccio

Testo di Giada Finucci

Foto di Nicolò Ricci

 

marco crimi

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marco crimi

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