Rapporto Irpet 2023, luci e ombre sulla Toscana: cala la produzione industriale ma aumenta l’occupazione

È un rapporto Irpet che evidenzia luci e ombre quello del 2023 e che riguarda la Toscana. Dopo due anni in cui l’economia aveva accelerato, il 2023 è stato un anno di rallentamento. La nostra regione, infatti, è cresciuta moderatamente, con un aumento del Pil pari allo 0,7% ma, contestualmente, si è registrata una regressione secca della produzione industriale, in calo del 3,4%. Un dato peggiore di quello registrato in Italia e provocato dalla diminuzione delle domanda e dall’aumento dei costi energetici. Nel documento tuttavia si evidenziano aspetti importanti, nonostante la congiuntura economica non favorevole, come l’aumento degli investimenti e dei consumi (+1,4%). Questi ultimi sono stati alimentati dal maggiore numero di occupati e dalle presenze turistiche. Gli investimenti  (+1%), hanno risentito negativamente del depotenziamento degli incentivi fiscali e del più alto costo del credito per le imprese, ma hanno beneficiato della spinta delle attività collegate ai progetti del Pnrr. Invariato il contributo dei consumi della Pubblica amministrazione (+0,1%). Secondo stime, segno positivo per le esportazioni (+2,1%), superate dalle importazioni (+2,9%). Infine, si registra una crescita nell’occupazione del 3,1%.

“Il rapporto Irpet – ha detto il presidente della Regione, Eugenio Giani – ci dice anzitutto che, mai come nel 2023, la Toscana ha avuto tassi di occupazione così elevati. Oggi il problema non è trovare lavoro ma trovare quelle specializzazioni che consentono di inserirsi con più soddisfazione nel mercato del lavoro. In secondo luogo le esportazioni: la Toscana regione delle esportazioni. Il sistema manifatturiero, quello artigianale, l’alta tecnologia e l’agricoltura consentono alla Toscana di occupare i primi posti a livello nazionale per vendite estere. Pur in un periodo così stabile a livello globale. Infine l’attrattività del brand Toscana: il turismo è tornato praticamente ai livelli pre pandemici”. “Accanto a tutto questo – ha proseguito Giani – è chiaro il freno subito dall’economia, merita però sottolineare la capacità della Toscana di saper sfruttare l’effetto volano degli investimenti proveniente dai fondi europei e dalle risorse del Pnrr”.

Di uguale tenore anche il commento dell’assessore a economia e turismo Leonardo Marras. “Pur con luci e ombre e con qualche performance della Toscana superiore alla media nazionale, dobbiamo guardare ai dati con obiettività e ammettere che, a causa delle crisi geopolitiche in corso, il Paese è ripiombato nella stagnazione, con crescita quasi piatta”. “In questo contesto – ha aggiunto – la Toscana fa la propria parte, mantenendo buone performance nell’export, aiutata anche dai processi di internazionalizzazione favoriti da un turismo straniero in crescita. Un fattore che ci induce a guardare con un po’ di ottimismo al futuro, supportato anche dal buon andamento del mercato del lavoro, con la crescita dei contratti a tempo indeterminato. Per questo dobbiamo aggiungere una forte spinta all’innovazione che può garantire maggior competitività”. “La domanda da porre – ha aggiunto l’assessore – è come questa fase, contrassegnata da un alto costo del denaro e dalle difficoltà dei redditi più bassi a far fronte all’inflazione, e di conseguenza con una domanda interna ancora troppo asfittica, si possa affrontare con politiche di sostegno più robuste. Anche il Pnrr dovrebbe essere utilizzato dal Governo con maggior determinazione per garantire un’accelerazione degli investimenti pubblici e privati. Senza un rilancio nazionale vero e di ampio respiro, in grado di ridare impulso alla crescita, come è avvenuto subito dopo la pandemia, diventa difficile gettarsi alle spalle questo periodo di difficoltà”.

Il direttore di Irpet, Nicola Sciclone, ha infine riassunto in estrema sintesi il contenuto dello studio da lui curato. “Il primo elemento da evidenziare è il rallentamento della crescita economica. Dopo due anni di grande brillantezza il Pil regionale crescerà solo dello 0,7% nel 2024 e dello 0,8% nell’anno successivo. Commercio internazionale più debole, stretta monetaria e soprattutto inflazione le cause principali. Tuttavia ci sono importanti segnali che provengono dal mercato del lavoro, che mostra dinamiche positive seppur con differenze settoriali. Buono l’andamento del turismo, trainato da quello straniero. E bene anche le esportazioni”. “All’interno di questo quadro generale – ha infine concluso–, emerge la riduzione del potere d’acquisto dei salari. Le imprese sono riuscite a mantenere pressochè inalterati i propri margini di guadagno, riversando gli aumenti dei prezzi delle materie prime sui prezzi di vendita. Il governo ha tentato di sopperire con la leva fiscale ma gli effetti sono stati sostanzialmente trascurabili. Esistono spazi di manovra attraverso le risorse nazionali e alle misure che si possono finanziare con quelle comunitarie e del Pnrr, con effetti positivi sul Pil, sulla coesione e sulla riduzione delle disuguaglianze sociali”.