Il termine Hikikomori, originario del Giappone, tradotto letteralmente come “stare in disparte”, sta guadagnando terreno anche tra i giovani italiani: c’è chi parla, nel nostro paese di 60mila, chi di 100mila. Fatto sta, che sono molti. Troppi. Questo fenomeno descrive un comportamento estremo di ritiro sociale, in cui gli individui decidono di isolarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, che possono variare da alcuni mesi fino a diversi anni. Non vanno a scuola, non vedono gli amici, non fanno sport. Utilizzano solamente il pc e lo smartphone per comunicare. Questi ragazzi scelgono di rinchiudersi nelle proprie abitazioni, evitando ogni tipo di contatto diretto con il mondo esterno, persino con i propri genitori.
L’Hikikomori sta attraversando le barriere culturali. In Italia, l’attenzione verso questo fenomeno sta gradualmente aumentando. Contrariamente all’idea iniziale che l’Hikikomori fosse una sindrome culturale esclusivamente giapponese, sembra ora essere un disagio adattivo sociale che coinvolge tutti i paesi economicamente sviluppati in tutto il mondo. Questo fenomeno di ritiro sociale coinvolge prevalentemente giovani tra i 14 e i 30 anni, con una prevalenza significativa nei maschi, che costituiscono tra il 80% dei casi, sebbene sia importante notare che il numero di ragazze coinvolte potrebbe essere sottostimato dalle indagini attuali. Ragazzi e ragazze fragili, sensibili, inibiti socialmente, incapaci di stabilire relazioni soddisfacenti e impossibilitati ad affrontare le sfide della vita.
Le dinamiche e gli stili comunicativi familiari possono contribuire all’insorgenza e nel mantenimento di questo problema: assenza di punti di riferimento e modelli, scarso dialogo, evitamento nell’affrontare questioni a forte carica emotiva. Le problematiche scolastiche possono essere precursori di questa particolare forma di ritiro, portando gradatamente l’individuo al totale rifiuto della scuola. L’ambiente scolastico viene percepito negativamente, talvolta a causa di episodi di esclusione da parte dei compagni che possono essere all’origine dell’isolamento.
Quanto percepito attraverso i social network contribuisce alla creazione di una visione distorta della realtà, che induce senso di impotenza e frustrazione in ragazzi e ragazze, indotti a sviluppare una crescente difficoltà e demotivazione nel confrontarsi con gli altri, arrivando a un vero e proprio rifiuto nell’affrontare la vita sociale. A questo si associa la dilagante dipendenza da internet, nota come Internet Addiction Disorder, è paragonata alla dipendenza da droghe e alcol, coinvolgendo reazioni neurochimiche simili, come il rilascio di dopamina. La dipendenza da internet, associata al ritiro sociale, è considerata sia conseguenza che causa dell’isolamento stesso. L’uso eccessivo di internet, spesso abbinato al gaiming (giocare ai videogiochi), rappresenta l’unico modo per questi ragazzi di sfuggire alla realtà che trovano così difficile affrontare.
La terapia strategica si è dimostrata un approccio molto efficace nel trattamento di queste problematiche fortemente invalidanti. Coinvolgendo attivamente i familiari e utilizzando protocolli terapeutici messi a punto presso il Centro di Terapia Strategica diretto da Giorgio Nardone, si mira a riportare il paziente ai sani piaceri della vita, riducendo l’isolamento sociale e riprendendo il controllo della propria esistenza. Le parole del Mahatma Gandhi: “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia”.
Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta e Ricercatore del Centro di Terapia Strategica
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IG @dr.jacopo.grisolaghi