Il 7 gennaio scorso è uscito il primo disco del pianista senese Ludovico Troncanetti per l’etichetta discografica Movimento Classical nel quale sono incise due delle quattro sonate per pianoforte composte dal grande maestro russo Anton Rubinstein. Il disco, apparso inoltre sulla rivista Amadeus lo scorso 10 ottobre, è stato registrato circa due anni fa e rappresenta una tappa importantissima nella sua carriera già costellata di successi concertistici nazionali ed internazionali come il suo debutto in Russia, a San Pietroburgo, con il terzo concerto op.45 di Anton Rubinstein e la St Petersburg Northern Sinfonia.
“La scelta di proporre le sonate di Rubinstein non è propriamente convenzionale. È stata una decisione che si allontana dalle tendenze attuali sulla preferenza del repertorio pianistico. Avevo voglia di spaziare, osare, proponendo comunque qualcosa di gradevole ed estremamente valido, qualcosa che amo; ho scelto in questo modo di essere me stesso e seguire i miei gusti.” Commenta così il giovane pianista senese, classe 1991, il suo approccio a queste sonate. Esse, seppur molto difficili dal punto di vista tecnico, sono dotate di quel virtuosismo romantico caratteristico di metà ‘800 e di una corposità tipicamente russa da lui molto apprezzata. Troncanetti è stato il secondo pianista ad incidere le sonate; il primo fu il suo mentore, il maestro Leslie Howard, con il quale nel 2016 ha fondato un duo stabile sia a due pianoforti che a quattro mani che ha riscosso notevole successo con numerose esibizioni in Italia e nel mondo contribuendo così ad arricchire il suo notevole curriculum.
Troncanetti si dedica costantemente, con profonda passione ed entusiasmo, all’esecuzione e riscoperta del repertorio pianistico di Rubinstein: “Una delle caratteristiche più interessanti della scrittura pianistica del compositore russo è che le sonate appaiono quasi come se fossero destinate all’orchestrazione e ciò denota la sua sconfinata conoscenza del repertorio operistico.” Rubinstein infatti non fu solo un pianista virtuoso e un compositore prolifico ma anche un grande didatta. Nel 1862 fondò il primo conservatorio di musica in Russia, il Conservatorio di San Pietroburgo, del quale fu anche direttore. Istituì, nel 1890, il primo concorso russo per giovani pianisti al quale il musicista italiano Ferruccio Busoni partecipò vincendo il premio in composizione alla sua prima edizione. Fu amico di Liszt e Chopin ed ebbe come allievo Tchaikowski. Pose così le basi della scuola russa, rinnovando radicalmente i metodi di insegnamento e ponendo lo sguardo alla tradizione pianistica tedesca.
“Per il futuro ho in mente di registrare l’opera omnia delle composizioni per pianoforte di Rubinstein, dunque anche degli inediti, brani mai registrati.” Si apre dunque una sfida per il giovane pianista, un lavoro che richiede una particolare attenzione, quasi filologica di approccio allo spartito ma non solo per i brani inediti. “È questione di incarnare la musica, non solo di eseguirla. Il musicista è l’interprete dell’eredità artistica del compositore, il mio compito è quello di rendere fruibile il suo messaggio al pubblico, intrattenerlo ma non in senso riduttivo. Tutto questo è possibile andando oltre la scrittura, provando a chiedersi il significato delle varie scelte fatte dal compositore. Studiare la musica significa interiorizzarla in modo viscerale. Allora ciò che stai suonando ti avvolgerà come un vestito. È un lavoro e una ricerca che per gli interpreti dura tutta la vita”.
Clelia Venturi