Il 13 maggio 1978, quattro giorni dopo il delitto Moro da parte delle Brigate Rosse, viene approvata in Parlamento la legge 180 sugli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. Il 22 maggio passa la legge 194 sulla “Tutela della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza”.
E il 23 dicembre 1978 il Parlamento istituisce con la legge 833 “Il sevizio sanitario nazionale” che garantisce a tutti i cittadini italiani di ogni età, sesso e ceto, le stesse prestazioni socio sanitarie.
L’incontro tra il pensiero laico e socialista delle sinistre e quello della dottrina sociale della Chiesa trovò nella “riforma sanitaria” il frutto più ricco e meraviglioso di quegli anni, figlio di quel clima culturale noto come “compromesso storico”. Quel clima culturale non c’è più, ma anche il clima meteorologico non se la passa certo bene, e se anche la salute mentale degli umani registra nel cinquantennio notevoli peggioramenti, non possiamo certo meravigliarci.
La legge 180 a Siena trovò numerosi e comprensibili ostacoli quando fu necessario impegnarsi nella sua realizzazione pratica. L’ospedale psichiatrico era gestito fin dal 1818 dalla Società di esecutori di Pie disposizioni e – soprattutto – ricoverava pazienti provenienti dalla provincia di Siena, dalla provincia di Grosseto, e da metà della provincia di Viterbo.
Questi “matti” dovevano essere trasferiti nelle province di residenza e i medici, gli infermieri, le assistenti sociali, e il personale ausiliario dovevano – naturalmente – spostarsi (trasferendosi con il domicilio, o, in alternativa, viaggiando per ogni turno di lavoro giornaliero, notturno, feriale, festivo o notturno, andata e ritorno, con qualche adeguato mezzo di trasporto) per continuare a curarli.
Ma c’erano allora a Siena anche altre difficoltà ed ostacoli non da poco. Una Clinica universitaria di malattie nervose e mentali con 45 posti letti che ricoverava pazienti psichiatrici da qualunque provenienza, la divisione di Psichiatria al Santa Maria della Scala con 30 posti letto, il Centro di igiene mentale della amministrazione provinciale di Siena che dal 1975 doveva limitare o bloccare nuovi ingressi al manicomio e impegnarsi dopo la 180, a tirarli fuori dal manicomio stesso.
Erano cioè 4 enti diversi che a Siena (unica situazione con 4 teste diverse) che avevano competenze ed interessi differenti, per non dire divergenti e opposti nella cura dei malati mentali e nella difesa dei propri doveri istituzionali e dei propri dipendenti.
Negli anni la psichiatria pubblica a Siena ha naturalmente fatto enormi passi avanti, sia nell’impegno della psichiatria universitaria che in quello del servizio sanitario.
Uno studio molto approfondito e dettagliato, pubblicato nel 2018, documentava a Siena a metà degli anni ’90 una situazione sugli impegni e sui risultati degli interventi a difesa della salute mentale molto estesi e funzionali, con risultati notevoli e positivi. Da allora c’è stata un continuo e progressivo scadimento nella quantità e nella qualità dei servizi. E una diminuzione progressiva delle risorse economiche investite nella sanità a difesa della salute. E non soltanto di quella mentale.
Costante Vasconetto