Il Santa Maria “non può essere un vascello in balia delle onde del momento” , serve “un progetto corposo” perché l’Antico Spedale “non può più essere ostaggio della casualità”.
È Roberto Barzanti che arringa la folla dei presenti all’iniziativa ‘Salviamo il Santa Maria della Scala’ con un discorso animato sulle prospettive future del museo senese. Davanti a lui, in Piazza Duomo, ci sono personalità del mondo civile, della cultura e dell’arte ed anche cittadini comuni. All’appello dei promotori hanno aderito in 300, più le varie associazioni, a manifestare erano invece 150 nonostante la pioggia delle ultime ore.
Diversi applausi sono partiti quando Barzanti ha solidarizzato con l’ormai ex-assessore alla cultura Sara Pugliese. “Ha messo su carta la sua posizione rispetto alle situazioni disdicevoli e inaccettabili di quest’ultima fase di vita del Complesso”, ha evidenziato l’ex-sindaco di Siena, “ma parlo qui da normale cittadino – ha chiarito commosso-, da persona che si è battuta per rendere il Santa Maria il fulcro di un distretto che custodisce un patrimonio artistico, ma che sa anche costruire una prospettiva cultura futura senese e europea”. Per Barzanti “siamo in un momento cruciale”, visto che “c’è anche un direttore della Pinacoteca pronto a collaborare”.
Ad aprire gli interventi è stata invece la docente dell’Università Gabriella Piccinni che ha chiesto alle istituzioni “una progettualità forte, una progettualità che manca da tempo”. Per Piccinni il Santa Maria vive “una fase di stallo che gli impedisce di partecipare al moto innovativo che coinvolge i grandi musei italiani ed europei”. La professoressa evidenzia la necessità di trovare una “cura alla febbre di cui è malato il Complesso”, perché “non basta dire che c’è la crisi economica”. Adesso, conclude Piccinni, “il museo può rappresentare una via di uscita che leghi i senesi in una nuova forma di società”.
Breve l’excursus di Serenella Pallecchi, dell’Arci: “serve competenza e non approssimazione, apertura al mondo e non chiusura verso di noi. Vogliamo rappresentare un polo privilegiato della Toscana, non un una periferia di Firenze”.
Il Santa Maria “deve tornare ad essere un luogo di memoria condivisa e non un semplice posto dove si vende qualcosa. Deve diventare il luogo dove si incontra con l’eredità creativa della città, dove si incontrano i giovani artisti che sanno innovare”, così Fabio Mugnaini, docente del dipartimento di scienze storiche dell’Università.
“In questi giorni si è parlato del Santa Maria come di una struttura chiusa, di proprietà di qualcuno. Questo museo però è di tutti e non ha padroni – è il parere di Monica Barni, dell’Università per stranieri di Siena-. Dobbiamo sapere includere dentro al museo, non renderlo un semplice contenitore elitario di mostre”.
KV
MC