Risulta spesso incomprensibile per chi non è appassionato della particolare attività ludico sportiva, il pathos col quale i seguaci di Diana, dea della caccia, spendono tanto danaro e affrontano improponibili levatacce mattutine per andare a impallinare volatili, ungulati e ogni espressione della fauna selvatica. Qualcun altro, pur non condividendo tali faticosi sacrifici, esprime comunque una certa solidarietà per ragioni di carattere gastronomico. Molti altri solidarizzano invece con gli animali, ritenendo tra l’altro che non vi sia fair play in una competizione nella quale gli umani utilizzano raffinate tecnologie per competere in modo impari col semplice istinto dei loro spesso sfortunati bersagli. Esistono dei siti specializzati presso i quali è oggi possibile acquistare raffinate tecnologie e materiali vari sconosciuti ai più, anfibi di ogni genere, tenute antifruscio, da utilizzare affinché l’animale selvatico non sia messo in allarme dai movimenti del proprio avversario e tanti altri oggetti che alimentano un mercato ricchissimo che, naturalmente, viaggia anche online. A proposito del mercato online valgono naturalmente le regole generali per le quali, quando la transazione non è garantita e l’affare proposto appare essere “troppo” vantaggioso, è bene diffidare. Non si è attenuta a tale regola una quarantaquattrenne imprenditrice senese, cacciatrice provetta e appassionata protettrice dei propri cani, dei quali temeva lo smarrimento durante intense battute di caccia, fra dirupi e fitte boscaglie. La donna rinveniva sulla rete uno splendido collare GPS, collegato ad un computer palmare, realizzato con le caratteristiche di rusticità che lo rendevano idoneo all’attività venatoria. Con un semplice bonifico di soli 350 euro diretto su una carta postepay dell’inserzionista, sarebbe stato possibile ottenere l’invio dell’oggetto desiderato. Spedito il denaro, la donna era finalmente ispirata dal dubbio, l’affare le era apparso eccessivamente conveniente e, navigando sulla rete, rinveniva un blog nel quale ben sette persone, residenti in varie parti d’Italia, lamentavano di essere state buggerate da un’inserzione analoga. Tutti sostenevano di aver ricevuto via posta col classico “pacco”, non il costoso marchingegno ma una bottiglia di vino dozzinale che non erano neppure riusciti a bere. All’arrivo della spedizione la donna utilizzava però un’accortezza, apriva il pacco in presenza del postino e chiamava i Carabinieri di Radicondoli ai quali affidava anche il proprio testimone oculare. Il palmare/collare GPS non era mai giunto, come non potevano dimostrare le precedenti vittime e la donna procedeva pertanto a una denuncia/querela per truffa che i Militari dell’Arma ricevevano. I Carabinieri intraprendevano quindi le loro indagini con certosina pazienza, riuscendo a individuare con la collaborazione dell’amministrazione delle Poste il titolare della carta alla quale erano stati indirizzati i denari e la persona a cui era intestata l’utenza telefonica mobile, che era stata indicata sul sito per eventuali contatti telefonici. Si tratta di due amici venticinquenni senza precedenti specifici che si erano inventati il business, contando sull’ingenuità di tanti e sulla possibilità ragionevole di poter comunque sostenere che i prodotti promessi fossero stati recapitati con tanto di liberatoria di spedizione dei pacchi. I Carabinieri di Radicondoli sono anche riusciti a bloccare il contenuto della carta magnetica, per cui è verosimile che presto la donna possa recuperare i 350 euro che le erano stati sottratti.