“Vi ringrazio, se non fosse stato per voi sarei stata poi imprigionata, torturata e uccisa. Questo è quello che fa il mio governo contro chi dissente”.
Suonano come un pugno nello stomaco le parole di Mona A., neo studentessa trentenne iraniana che da qualche giorno può seguire il corso di Economics e management dell’Università di Siena.
Per portarla qui l’ateneo ha compiuto una vera e propria corsa contro il tempo e mandato avanti un’attività diplomatica senza precedenti: la ragazza era imprigionata in Turchia, sotto richiesta del suo Paese natale, a seguito della sua partecipazione a manifestazioni per dire basta agli abusi perpetrati da Teheran nei confronti dei diritti delle donne.
E mentre qui si stava preparando la richiesta di un visto, la Repubblica islamica lavorava invece al suo rimpatrio. Ma una volta riacquisita la sua libertà Mona è potuta arrivare in Italia, questo grazie al minuzioso lavoro dello sportello “Just in Peace” dell’ateneo e di membri della politica locale e nazionale. Ad ospitare la trentenne sarà invece un alloggio dell’associazione Cor Magis Siena.
Della sua vita Mona racconta poco perché teme le ritorsioni della teocrazia persiana: non vede la sua famiglia da sette anni e non ne comunica i dettagli, anche se quest’ultima – viene fatto sapere – è stata minacciata dal regime.
“Il mio governo non ha grossi problemi per uccidere qualcuno – racconta -. Ti uccidono solo se tu pensi qualcosa contro di loro e negli ultimi tempi sono stati ammazzati innocenti. Soprattutto le donne che hanno avuto solo la colpa di cercare di ottenere la libertà”.
Mona punta il dito anche contro la Turchia e chiede all’Unione Europea di non accettare il suo ingresso fino anche non rispetterà i diritti. Ankara ha distrutto fisicamente e mentalmente i detenuti delle prigioni: è la sua accusa.
“Io però pensavo di non poter mai uscire dal carcere, di non poter mai camminare liberamente senza guardie e di dover vivere con quell’incubo di un destino già segnato”, ha aggiunto.
Soddisfatto è stato il rettore dell’ateneo Roberto Di Pietra, che ha sottolineato come le università “siano luoghi aperti” che creano “ponti tra culture diverse” e ha rimarcato il ruolo svolto dalla diplomazia culturale.
MC